In Germania PMI italiane in “pole” – 18/04/10

NORIMBERGA – Anche l'Italia concorre alla straordinaria proiezione internazionale delle aziende tedesche. Per rendersene conto basta recarsi un giorno a Norimberga. Il grande centro logistico della Baviera è uno dei principali punti di arrivo delle merci importate dalla Penisola: apparecchi elettrici, mobili, prodotti tessili, ma soprattutto parti meccaniche, beni strumentali, componenti industriali. «Abbiamo collegamenti giornalieri con Verona – spiega Harald Leuphold, direttore del Bayernhafen Nürnberg –. Treni in ambedue le direzioni lunghi 600 metri l'uno».

È da Norimberga – snodo fluviale, stradale e ferroviario – che molte imprese italiane riforniscono una parte della grande industria tedesca. La ripresa economica di questi mesi fa sperare in un consolidamento dei rapporti tra due paesi che hanno preservato un importante tessuto industriale. Grande speranza è riposta anche nella Fiera di Hannover che aprirà oggi all'insegna della mobilità sostenibile e dell'efficienza energetica. La manifestazione è tra le più note al mondo nel settore della meccanica.E quest'anno paese partner sarà proprio l'Italia.
Nonostante la violenta recessione del 2009, le aziende italiane hanno continuato a esportare con successo in Germania. Nota Ralph Wiechers, economista dell'associazione tedesca dei produttori di macchine utensili Vdma: «L'Italia è stato il nostro primo fornitore con una quota dell'11%e per un totale di 4,2 miliardi di euro ». La partita non si gioca solo tra i grandi gruppi nazionali. Il mosaico è composto da centinaia di piccole e medie imprese; coltivano rapporti nei quali la collaborazione nella ricerca e nello sviluppo è ormai sempre più frequente per battere la concorrenza asiatica.
Il distretto industriale di Pordenone, per esempio, conta 15mila aziende: esportano il 50% della produzione, e il 15%dell'export è diretto in Germania, complice la vicinanza geografica e culturale con Norimberga o Monaco. Da San Vito al Tagliamento, la Brovedani (600 dipendenti) produce metà di tutti gli alberimotore delle auto fabbricate in Europa. D'altro canto, secondo l'associazione di categoria Anfia, l'export italiano verso la Repubblica Federale di parti e accessori per l'automobile è stato di 1,7 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2009.
«Il mercato tedesco è estremamente esigente – osserva Luca Penna, un dirigente della Camera di commercio di Pordenone –.Le imprese tedesche richiedono numerose certificazioni. Pretendono affidabilità e puntualità. Negli ultimi anni molte società si sono rivoltea fornitori in Polonia o nella Repubblica Ceca, ma con l'aumento dei salari anche nell'Europa dell'Est sono tornate in Italia». Il recente aumento dei costi di produzione, rispetto a quella di altri paesi in Europa centro orientale o in Asia, ha penalizzato la produzione italiana.
Molte imprese però sono riuscite a difendere le posizioni. Spiega Jürgen Ihmsen, vice presidente incaricato degli acquisti per il produttore di elettrodomestici Bsh: «Siamo sempre alla ricerca di fornitori meno cari. Ma per ora in Italia ai nostri occhi qualità e innovazione compensano l'aumento deicosti». Nel 2009, la società ha speso 201 milioni di euro nella Penisola, il 6% del budget per gli acquisti di componenti. Il gruppo bavarese conta 160 fornitori italiani, tanto che in una lavastoviglie di alta qualità fabbricata in Germania i materiali italiani rappresentano il 17% dei costi.

Anche la Volkswagen conta circa 150 fornitori italiani, secondo Agnes Krüger, portavoce del gruppo a Wolfsburg. Uno di questi è il Gruppo Fontana. «Tendenzialmente il 10-15% dei bulloni di una Volkswagen è prodotto nelle nostre fabbriche», racconta Giovanni Cariola, a capo della filiale tedesca. Produrre però non basta: «Il nostro obiettivo è di offrire prodotti di qualità. Partecipiamo quindi direttamente anche allo sforzo in Ricerca & Sviluppo». In Germania la società italiana ha due uffici: uno commerciale a Düsseldorf e uno tecnico a Wolfsburg.
Il problema è doppio. Non si tratta solo di competere con i fornitori cechi o cinesi meno costosi, ma anche di valutare se seguire la produzione finale che spesso è stata delocalizzata. C'è il rischio che l'Italia pesi sempre meno nella fornitura all'industria tedesca tenuto conto di come i concorrenti nei paesi emergenti lavorino alacremente per avere prodotti di qualità occidentale. Alcuni esperti sostengono che le società italiane dovranno sempre più spesso spostare almeno parte della produzione là dove si trova il cliente tedesco pur di rimanere competitivi.
Con l'arrivo del Brasile o dell'India sul grande scacchiere del commercio mondiale i mercati di sbocco si sono moltiplicati. La Germania però rimane cruciale per l'indu-striaitaliana, fintantocheiprodotti tedeschi, dalle auto agli elettrodomestici alle macchine utensili, continueranno ad essere tra i più acquistati al mondo. Ripresa permettendo. Su questo fronte, Roland Kuhn, direttore della Dtc di Norimberga, una società di logistica che ha nell'Italia il primo mercato, vede spiragli di luce: «L'anno scorso è stato veramente pessimo. Oggi le cose vanno meglio».
B.R.