Trattato di Lisbona: un via libera poco europeista

La decisione della Corte costituzionale di dare il suo benestare al Trattato di Lisbona ha suscitato molte reazioni in Germania. Definirle nazionaliste è probabilmente eccessivo, certo è che i commenti (per la maggior parte positivi) si sono concentrati non tanto sul via libera, quanto sulla scelta di chiedere al Bundestag di rafforzare i suoi poteri nel processo di integrazione europea. Secondo la Corte costituzionale, tenuto conto del “deficit strutturale di democrazia” a livello dell’Unione Europea, i diritti del parlamento tedesco devono essere chiariti esplicitamente in una legge “per garantire l’efficacia del diritto di voto” dei cittadini tedeschi e “assicurarsi” che l’Unione “non oltrepassi le sue competenze”. La Corte di Karlsruhe A dichiarare la sua soddisfazione per la sentenza del tribunale di Karlsruhe non è stato solo il cancelliere Angela Merkel che ha messo l’accento sul via libera della Corte e su un iter di ratifica che bene o male può continuare (nella foto alcuni dei giudici costituzionali tedeschi). A sorpresa la sentenza è stata accolta con grande favore anche da coloro che avevano presentato ricorso, preoccupati dalla possibilità che la nuova carta europea possa esautorare il parlamento tedesco. Ha spiegato il deputato cristiano-sociale Peter Gauweiler: “Karlsruhe ha gettato le fondamenta di qualcosa di molto diverso dal modo sufficiente e rapido in cui le questioni europee sono state trattate in questi anni dalla Germania”. Renate Künast, un esponente dei Verdi, ha definito la sentenza un doppio successo: per il Trattato e per il Bundestag.

Il Trattato di Lisbona, in via di ratifica nei 27 Stati membri, vorrebbe dare all’Unione un assetto più efficiente e moderno. Prevede la creazione dei posti di Presidente e di ministro degli Esteri, dà alle autorità comunitarie maggiori poteri per combattere la criminalità e l’immigrazione, e rafforzare il ruolo del parlamento europeo. Mentre la Süddeutsche Zeitung ha spiegato che “è finito il despotismo di Bruxelles”, la Frankfurter Allgemeine Zeitung ha sottolineato che la decisione di Karlsruhe raffredda le speranze di chi pensava di costruire un’Europa federale poiché ora “chi vuole fondare uno Stato europeo deve prima interrogare il popolo tedesco”. In un’intervista al giornale francofortese, Paul Kirchhof, un ex giudice della Corte Costituzionale vicino ai democristiani, ha risposto in questi termini a una richiesta di valutazione della sentenza:  “L’Unione non può diventare uno Stato. La Germania rimane uno Stato sovrano; resta responsabile della sua struttura economica e del suo diritto economico”. Dopo aver parlato di “un buon giorno per l’Europa e per i cittadini”, Kirchhof ha proseguito: “Senza il benestare della Legge Fondamentale non ci saranno gli Stati Uniti d’Europa. Né il Bundestag, né il governo possono incoraggiare un tale sviluppo. I rappresentanti tedeschi nei consigli europei sono da ora in poi chiaramente legati alla volontà del parlamento”. E’ ancora presto per fare una valutazione definitiva sia della sentenza che delle reazioni che ha suscitato in Germania. Bisognerà aspettare, tra le altre cose, le modifiche alla legge di adozione del Trattato di Lisbona richieste dalla Corte. Novità su questo fronte ci saranno tra la fine di agosto e l’inizio di settembre quando è prevista una sessione straordinaria del Bundestag. Dietro alle reazioni positive per la scelta di Karslruhe potrebbero nascondersi una semplice insofferenza alla Bruxelles delle mille normative o la legittima preoccupazione di un’Europa poco democratica. Ciò detto, mai come ieri i commenti tedeschi sono apparsi così attenti alle prerogative nazionali, così poco europeisti.