Il mistero della sinistra radicale: perché non approfitta della crisi?

L'economia è in piena recessione, la disoccupazione aumenta, la finanza è sotto accusa. Oskar Lafontaine Eppure la sinistra radicale, che in Germania da tempo puntava il dito contro le derive dei mercati finanziari e del liberalismo economico, non ne sta approfittando. Gli ultimi sondaggi sono sorprendenti, a poco meno di sei mesi dalle prossime elezioni federali di fine settembre. Secondo lo studio demoscopico Forsa pubblicato questa settimana, Die Linke, il partito guidato dal carismatico Oskar Lafontaine (nella foto tratta da Internet), è ai minimi degli ultimi due anni: al 10%. Un anno fa era al 15% circa. In molti sondaggi nessuna delle due coalizioni più naturali – democristiani-liberali e socialdemocratici-verdi-die Linke – hanno una chiara maggioranza. La sorpresa non è solo nella relativa debolezza della sinistra radicale, ma anche nella relativa forza dei Liberali.

"Die Linke – ha spiegato a Die Welt Jürgen Falter, politologo dell'Università di Magonza – non ha ricette contro la crisi generalmente riconosciute come tali". Ha aggiunto il sondaggista Manfred Güllner parlando a Stern: "La sinistra non ha potere e non ha la possibilità reale di cambiare le cose. La gente lo sa". Un'altra ragione che spiega la relativa debolezza di Die Linke è che l'Spd di Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri e candidato alla Cancelleria, tende a cavalcare temi simili, pescando voti a sinistra. Un anno fa l'Spd oscillava intorno al 20%; oggi è al 25%. Mentre a sinistra il trasferimento dei voti, o meglio delle intenzioni di voto, premia il partito più importante, a destra favorisce almeno per ora il movimento più piccolo. Molte scelte del cancelliere Angela Merkel, a cominciare dal desiderio di nazionalizzare la banca Hypo Real Estate, non sono piaciute a molti elettori tradizionali della Cdu. Secondo un recente sondaggio Forsa, l'84% dei simpatizzanti democristiani sta valutando se votare Fdp in settembre. Non è un caso se in un anno i liberali siano saliti dal 12 al 17% e i democristiani siano scesi dal 38 al 34%. A meno di sei mesi dalle elezioni la partita è quindi apertissima. Non è ancora chiaro se l'incertezza economica premierà i partiti al potere o l'attuale opposizione. Quest'anno in Germania, più che in altri Paesi, la consultazione europea di giugno sarà quindi un test particolare.