La Germania punta sull’Africa – 10/06/08

FRANCOFORTE – Qualche settimana fa il gruppo automobilistico Daimler  ha annunciato di voler aprire entro la fine dell’anno un ufficio di rappresentanza a Baghdad. L’Iraq è ancora in preda alla violenza, ma la società tedesca spera in un futuro migliore. Fiducia nei mercati emergenti è la caratteristica di una Germania che, dopo avere messo radici in molti Paesi di Asia e Sudamerica, punta ora all’Africa.

Nel 2007, gli scambi commerciali  tedeschi con il continente  più povero sono stati pari  a 33 miliardi di euro rispetto ai 23 miliardi del 2002. E non mancano i segnali che l’establishment di questo Paese ha fatto dell’Africa un obiettivo economico e politico di lungo periodo, consapevole della concorrenza  cinese, indiana, giapponese, americana e francese.
Il presidente della Repubblica  Horst Köhler ha visitato il continente cinque volte negli ultimi quattro anni. È stato in Sierra Leone, Benin, Etiopia, Gibuti, Mozambico, Madagascar, Botswana, Uganda e Ruanda. L’ultimo tour lo ha compiuto in febbraio dopo aver invitato l’anno scorso a Berlino un gruppo  di presidenti africani per un seminario.
Il cancelliere Angela Merkel  non è stato da meno. Alla fine dell’anno scorso è stato in Liberia, Sudafrica ed Etiopia. D’altro canto, tra il 2000 e il 2006 l’export tedesco verso questi due ultimi Paesi è raddoppiato. In Sudafrica poi si svolgeranno tra due anni i Campionati mondiali di calcio: un evento sportivo, ma anche un’occasione di business.
Prima di partire per il suo ultimo viaggio africano, in febbraio, il presidente Köhler, un ex direttore generale del Fondo monetario internazionale, ha spiegato in un’intervista a un quotidiano tedesco, il Magdeburger Volksstimme: «Vorrei vedere un numero maggiore di società europee investire in questo mercato. Sono certo che nel lungo termine questi investimenti sarebbero ripagati ».
Un funzionario del ministero per la Cooperazione economica, Manfred Konukiewitz, ha invece precisato qualche tempo fa: «Non dovremmo considerare i Paesi africani solo come fornitori di gas e petrolio.  Dovremmo offrire ai partner di quest’area accordi di collaborazione  per aiutarli a usare le loro risorse
   nel modo migliore e favorire lo sviluppo».
Spiega Michael Monnerjahn, portavoce dell’Associazione delle imprese tedesche attive in Africa: «Dieci anni fa avevamo 300 membri. Oggi sono oltre 600. Sempre più spesso, il continente a Sud del Sahara è visto come un’opportunità economica, non più solo come una terra scossa da crisi politiche e sociali. La presenza crescente della Cina ha indotto molte società tedesche ad accorrere».
Obiettivo non è più solo il Sudafrica, il Paese più ricco. «In Tunisia hanno messo radici le società di elettrodomestici – dice Monnerjahn -. In Nigeria sono presenti molte aziende edili. In Angola non mancano le società industriali». Nel 2007 Siemens, per esempio, ha registrato un aumento del suo fatturato in Africa, Medio Oriente e Csi del 17% annuo.
Osservatori tedeschi calcolano  che sui circa 900 milioni di africani, oltre la metà – 535 milioni  – è senza elettricità. Chi meglio dei grandi gruppi tedeschi può costruire centrali elettriche e nuove infrastrutture? Sia pure su scala più ridotta l’Africa è, come l’Asia, un continente da modernizzare.
Il processo sarà difficile, tenuto conto anche delle differenze sociali, geografiche e politiche con l’Oriente. Ma la Germania ha lo sguardo lungo. Il Governo tedesco è, tra gli Stati membri dell’Ocse, il secondo donatore ai Paesi in via di sviluppo dopo gli Stati Uniti. Gli aiuti nel 2007 sono saliti del 6% a 9 miliardi di euro.
Peraltro, come spesso capita, l’establishment tedesco non si concentra solo sui legami economici. Vuole anche coltivare quelli culturali. Qualche settimana fa il ministero degli Esteri ha lanciato il piano "Aktion Afrika",con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione in campo scolastico e migliorare le possibilità di apprendimento del tedesco nel continente nero.
Nell’insegnare la propria lingua, l’establishment tedesco sta preparando il terreno per le intese economiche di domani, formando una classe dirigente africana che con la Germania ha già rapporti consolidati. Ormai vi sono 23mila studenti africani nelle università tedesche, una comunità più nutrita di quella sud e nord americana.
B.R.

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