Le repubbliche baltiche sono le più aggressive nel denunciare la politica russa, il tentativo – così dicono – di riportare indietro le lancette della storia, tornando a dominare gli stati ex satelliti sovietici. Ieri la Crimea, domani l’Ucraina. Eppure, l’inerzia nei rapporti tra società e tra paesi può essere sorprendente. Mentre in pubblico il clima è pessimo, in privato le parti continuano a fare affari, anche nel delicato settore energetico. Come negli anni 60, quando era una repubblica sovietica, la Lettonia custodisce ancora oggi il gas che serve in inverno a riscaldare San Pietroburgo. Nel comune di Incukalns, a una cinquantina di chilometri da Riga, il sottosuolo lettone nasconde a settecento metri di profondità un enorme serbatoio naturale nel quale la società Latvijas Gaze tiene in deposito gas proveniente con un gasdotto dalla Siberia: «È il terzo più grande deposito naturale nel mondo – mi ha spiegato Vinsents Makaris, portavoce del gruppo energetico, durante una visita in città la settimana scorsa -. Il principio è semplice. Importiamo gas in estate che stockiamo a Incukalns, in modo che in inverno ne abbiamo abbastanza per il riscaldamento di case e uffici». Più curioso è scoprire che la Lettonia fa da deposito per alcuni Paesi della regione: l’alleata Estonia, ma anche la nemica Russia che a Incukalns stocca gas poi utilizzato in inverno a San Pietroburgo (550 chilometri a Nord-Est). I lettoni si fanno pagare profumatamente per questo servizio. La tabella-prezzi prevede per ogni mille metri cubi di gas 1,94 euro per ogni 100 chilometri di trasmissione; 5,28 euro per l’iniezione del gas nel deposito naturale; 10,52 euro a stagione per lo stockaggio; e 0,04 euro per il recupero del gas. Il deposito può contenere fino a 4.500 milioni di metri cubi di gas.
L’enorme grotta sotterranea fu scoperta dai geologi sovietici dopo la guerra. Fin dagli anni 50 furono effettuati i lavori necessari per utilizzare il deposito naturale, collegato a un gasdotto proveniente direttamente dal lontano oriente russo. Al momento dell’indipendenza dall’Urss, la Lettonia ereditò l’impianto. «Oggi siamo l’unico Paese al mondo che senza esserne produttore esporta gas», precisa ancora Makaris. Quando gli faccio notare che la vicenda è sorprendente alla luce dei pessimi rapporti tra Mosca e i suoi vicini dell’Europa centro-orientale, il portavoce si limita a sorridere, notando che dal servizio reso ai russi «la società è grande beneficiaria». D’altro canto, Latvijias Gaze è controllata, in parte, dalla tedesca E.On e dalla russa Gazprom. In Lettonia, la particolare situazione nel settore energetico è l’ennesima particolarità con la quale la piccola repubblica deve fare i conti. Il paese, il cui gas è tutto di provenienza siberiana, non conta forse un 25% di russi? In marzo il presidente lettone Andris Berzins ha criticato la sua omologa lituana Dalia Grybauskaite, che pubblicamente accusa la Russia di essere una minaccia. «Non cercate nemici. Cercate soluzioni», ha esortato Berzins.
(NB: questo articolo è stato pubblicato in un primo tempo dal Sole/24 Ore del 28 aprile 2015 – Nella foto, la costruzione dell’impianto di Incukalns nella Lettonia sovietica del dopoguerra)