Negli scorsi giorni, il governo francese ha proposto alla sua controparte italiana di rilanciare la cooperazione bilaterale tra i due paesi in campo industriale. Almeno cinque i campi suggeriti dal ministro dell’Economia Bruno Le Maire al suo interlocutore Roberto Gualtieri: l’idrogeno, le batterie elettriche, lo stoccaggio dei dati, l’industria spaziale, la microelettronica. La proposta è seria e andrebbe valutata altrettanto seriamente dal governo italiano, per almeno tre ragioni.
La prima è ovvia. Superato lo shock economico provocato dalla pandemia influenzale, i paesi europei dovranno sorreggersi a vicenda per uscire dalla recessione ed evitare un inarrestabile declino. La Cina, e l’Asia in generale, sono uscite più rapidamente dell’Unione europea dalla crisi economica, e hanno preso una lunghezza d’anticipo. La cooperazione industriale tra paesi europei è tanto necessaria all’Europa quanto indispensabile per i singoli stati membri.
La seconda ragione è legata alla complementarietà tra la Francia e l’Italia, soprattutto in campo industriale. Forte di un innato dirigismo economico, la Francia ha dimostrato nei decenni una straordinaria capacità ad interpretare il futuro: il minitel, il TGV, il Concorde, la carte à puce, il nucleare sono tutte iniziative che hanno lasciato il segno e sono state replicate in giro per il mondo. Mentre la Francia vede e organizza in grande, l’Italia ha dalla sua un tessuto industriale più capillare, creativo, ricco, dinamico. La collaborazione franco-italiana ha particolare senso. Entrambi i paesi hanno da guadagnarci.
La terza ragione ha a che fare con la situazione economica in cui versano i due paesi. Rispetto all’altro grande Stato della zona euro, la Germania, sia la Francia che l’Italia usciranno particolarmente indebolite dalla crisi di questi mesi. Hanno subito una recessione pesantissima e stanno registrando un forte aumento del debito pubblico. In passato, la diplomazia italiana ha spesso guardato con sospetto alla politica estera di Parigi, convinta che la Francia al momento della scelta ultima tra Berlino e Roma avrebbe privilegiato il rapporto con la prima, tralasciando la relazione con la seconda.
In parte, le cose sono cambiate, e i sospetti dell’establishment italiano, giusti o sbagliati, hanno meno ragion d’essere che in passato. La pandemia influenzale sta contribuendo all’indebolimento della Francia nei confronti della Germania. Secondo le ultime previsioni economiche della Commissione europea, l’economia tedesca subirà nel 2020 una contrazione del 5,6%, mentre il debito pubblico salirà al 71% del PIL. In Francia, il PIL crollerà quasi del doppio, del 9,4%, mentre il debito pubblico sfiorerà il 116% del PIL. (In Italia le rispettive cifre sono -10% e 160% del PIL).
In un momento in cui la forbice franco-tedesca si allarga drammaticamente, la collaborazione con l’Italia diventa per la Francia essenziale per controbilanciare la forza relativa tedesca. Nello stesso modo in cui Parigi insisteva ieri perché la Commissione europea potesse indebitarsi sui mercati per finanziare la ripresa, soprattutto nei paesi più indebitati, oggi sempre Parigi ha bisogno di nuove sponde in Europa, questa volta industriali.
La Francia crede genuinamente alla necessità di collaborazione industriale tra i paesi europei, citando spesso l’esempio di Airbus. Al tempo stesso, come non sospettare che dinanzi a un rapporto con la Germania meno paritario di prima non cerchi nuovi alleati nel tentativo anche di annacquare per così dire le crescenti e imbarazzanti divergenze franco-tedesche? Agli occhi dell’Italia, poco importa. La mano tesa da Bruno Le Maire non può essere ignorata, anzi va colta rapidamente, tanto più che non esclude forme di collaborazione a tre anche con la Germania.
(Nella foto tratta da Internet, il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire e la sua controparte italiana Roberto Gualtieri a Roma giovedì 26 novembre 2020)