L’arrivo al potere in Italia della Lega ha provocato uno scossone politico in Europa, e una surrettizia sterzata verso destra di alcuni paesi o movimenti. In alcuni casi, il legame è chiaro; in altri la coincidenza è forriera di prese di posizioni simili. Il tema all’ordine del giorno è naturalmente l’immigrazione. A notare la sterzata è stata durante una recente riunione ministeriale in Lussemburgo la ministra svedese per l’immigrazione e le politiche di asilo. Heléne Fritzon ha spiegato che “il clima politico è diventato più duro”.
Il più eclatante esempio è quello di Theo Francken, sottosegretario all’immigrazione del Belgio. L’uomo politico autonomista fiammingo è sempre stato duro e inflessibile. Ma l’arrivo al potere in Italia di una forza politica non lontana dalle sue idee gli ha dato nuova lena. Ha spiegato di essere favorevole a rimandare in Tunisia i migranti, senza chiarire se parlasse di tutti i migranti, compresi coloro che hanno diritto all’asilo. Qualche giorno prima, aveva criticato apertamente gli 11 rettori universitari del suo paese che avevano chiesto al governo belga di concedere la nazionalità a una famiglia immigrata illegalmente dopo che la polizia ne aveva uccisa la figlia di due anni inavvertitamente durante un inseguimento: “Se i rettori vogliono giocare a un piccolo gioco politico sui dossiers dell’immigrazione, avranno a che fare con il ritorno del boomerang. Sia nella sostanza che pubblicamente”. Più che critico, il tweet appare quasi minaccioso.
Nel frattempo, appaiono più dichiarati altri partiti anti-immigrati. In Germania, dove si vota a breve in Assia e in Baviera, Alternative für Deutschland sta tenendo sotto pressione il governo democristiano-socialdemocratico di Angela Merkel; così come sta facendo il PVV di Geert Wilders in Olanda ai danni del governo liberale di Mark Rutte. In Francia, il Front National ha appena cambiato nome, diventando il Rassemblement National e tentando così il rilancio dopo le presidenziali del maggio del 2017. Proprio l’arrivo all’Eliseo di Emmanuel Macron un anno fa aveva frenato l’ascesa di questi partiti. Oggi, la nascita di un governo Lega-Cinque Stelle in Italia, il terzo paese più popoloso dell’unione monetaria, ha dato loro nuova lena.
In Slovenia, il Partito democratico sloveno, apertamente anti-immigrazione, ha ottenuto alle elezioni del 3 giugno il 25% dei voti, seguito da un altro movimento dello stesso tipo, la lista di Marjan Šarec (LMS), che ha avuto quasi il 13% dei suffragi. In Ungheria, il premier Viktor Orbán ha subito visto in Matteo Salvini, leader della Lega e nuovo ministro degli Interni italiano, un potenziale alleato nei negoziati comunitari. In Svezia, dove si voterà il 9 settembre per il rinnovo del Parlamento, i Democratici Svedesi, partito di destra, ormai ottiene oltre il 25% dei voti nei sondaggi. A proposito: nel 2018 si deve ancora votare nella Repubblica Ceca, in Lettonia e in Belgio (per il rinnovo dei consigli comunali). L’anno prossimo si voterà a livello locale o nazionale in 16 paesi su 27, oltre che per il Parlamento europeo.
E’ chiaro che l’arrivo al potere della Lega dà nuova voce ai movimenti più nazionalisti in giro per l’Europa i quali vedono nei risultati ottenuti dal partito italiano un buon viatico per il loro successo nazionale. Ma questa non è l’unica conseguenza. In molti paesi, i governi più moderati rischiano di irrigidire la loro posizione in risposta alle pressioni provenienti dai partiti vicini alla Lega. Non per altro i governi di Danimarca, Austria, Olanda e Germania stanno valutando se creare fuori dall’Unione europea campi di detenzione per rifugiati che non trovano accoglienza nei Ventotto. Il primo ministro austriaco Sebastian Kurz ha spiegato che l’obiettivo è di evitare che questi rifugiati scelgano il loro paese di accoglienza preferito viaggiando attraverso l’Europa.
Non è chiaro se l’idea in discussione sia fattibile, giuridicamente e concretamente. Il dibatitto dimostra tuttavia che l’Europa è drammaticamente stretta tra obiettivi contrastanti. Sa ormai che la sua sopravvivenza dipende da una soluzione alla crisi migratoria che rassicuri le opinioni pubbliche nazionali. Al tempo stesso, le soluzioni che appaiono più efficaci o attraenti sono spesso quelle più drastiche, più radicali, cavalcate dai partiti più nazionalisti e flirtano pericolosamente con il diritto. In questo senso, quadrare il cerchio non sarà facile.
(Nella foto, il sottosegretario all’immigrazione belga, Theo Francken, 40 anni, esponente della Nieuw-Vlaamse Alliantie)
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