Gli attentati rivendicati dallo Stato Islamico che a Bruxelles questa settimana hanno fatto 31 morti e 270 feriti non potevano giungere in un momento peggiore per il futuro di una Unione Europea già scossa dalla crisi debitoria, lo sconquasso economico, l’emergenza rifugiati. Gli attacchi terroristici potrebbero avere conseguenze su tre fronti diversi: sul futuro del processo di ricollocamento e reinsediamento sul territorio europeo dei rifugiati provenienti dal Vicino Oriente; sulla forza dei partiti più radicali; sul voto inglese relativo al futuro della Gran Bretagna nell’Unione. Sul primo versante, vi sono già state esplicite dichiarazioni da parte di alcuni governanti. In Repubblica Ceca, il presidente Milos Zeman ha fatto un legame tra immigrazione e terrorismo: “La minaccia terroristica è legata alla crisi dei migranti: tutti gli specialisti dell’intelligence vi diranno che lo Stato Islamico ha mandato propri terroristi tra i rifugiati”. In Ungheria, il ministro degli Esteri Peter Szijjarto ha affermato che “nessuno sano di mente metterebbe in discussione il fatto che l’immigrazione illegale e incontrollata ha aumentato il rischio del terrorismo in Europa”. In Polonia, la prima ministra Beata Szydlo ha puntato il dito direttamente contro il piano di ricollocamento e reinsediamento dei rifugiati che è alla base dell’accordo tra i Ventotto e la Turchia siglato qui a Bruxelles appena una settimana fa: “I Ventotto si sono messi d’accordo per risolvere il problema migratorio con la redistribuzione dei migranti sul territorio europeo. Dopo quanto avvenuto (martedì, ndr) non vedo la possibilità che migranti saranno accolti in Polonia”. Le prese di posizione fanno temere difficoltà nel mettere in pratica il delicatissimo piano euro-turco, che prevede la redistribuzione dei profughi in tutta l’Unione, e fanno presagire nuove tensioni tra i paesi membri. Sul versante dei partiti radicali, è probabile un rafforzamento dei movimenti critici dell’immigrazione: in particolare, il Front National in Francia, Alternative für Deutschland in Germania, la Lega Nord in Italia, lo UK Independent Party in Gran Bretagna. Poco importa se il legame tra terrorismo e rifugiati sia flebile, se non addirittura inesistente. Il contesto rischia di rafforzare i leader più radicali e di creare nuove animosità tra le diverse comunità nazionali, complicando ulteriormente l’azione politica dei governi sullo scenario locale ed europeo. L’ultimo sondaggio in Germania, effettuato tra lunedì e martedì, ha visto l’AfD al 13% dei suffragi. I prossimi studi demoscopici saranno particolarmente interessanti. Infine, c’è da chiedersi se gli attentati bruxellesi, che giungono dopo quelli ancora più sanguinosi di Parigi del novembre scorso, avranno un impatto sul prossimo referendum britannico. Per alcuni osservatori inglesi, la minaccia terroristica dovrebbe convincere gli inglesi a ritenere la comune risposta europea una necessità, la sola possibile, e a votare quindi a favore della permanenza del paese nell’Unione. Per altri, suggerirà a molti elettori di prendere ancor più le distanze da un progetto europeo che poggia non solo su un trasferimento di sovranità ma anche su una condivisione di fiducia, soprattutto nel mondo delicato della sicurezza. Mercati e alibratori credono in questo momento che gli attentati terroristici rafforzeranno il fronte del No.
(Nella foto, l’esterno della fermata Maalbeek della metropolitana di Bruxelles Rue de la Loi, martedì 22 marzo, pochi minuti dopo l’attentato che ha fatto 20 morti. La stessa mattina, due esplosioni hanno fatto 11 vittime all’aeroporto di Zaventem)
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