Il rischio di nuove tensioni tra Bruxelles e Roma nelle prossime settimane, dopo la pausa estiva, è sempre più evidente. In primavera, la Commissione europea aveva chiuso un occhio sulla deriva dei conti pubblici italiani e dato al Governo Renzi il beneficio del dubbio, nella speranza che l’arrivo al potere di una nuova compagine governativa avrebbe rispettato gli impegni in termini di modernizzazione dell’economia nazionale e di riduzione del debito pubblico. Gli ultimi segnali rischiano di deludere le autorità comunitarie, e rafforzare la Germania nelle sue prudenti valutazioni sull’Italia. Negli scorsi giorni, in una intervista al Corriere della Sera, il premier Matteo Renzi ha lasciato intendere che il governo potrebbe rivedere al ribasso la crescita economica prevista nel 2014, dall’attuale 0,8%. Il Presidente del Consiglio ha spiegato che che sarà “molto difficile” arrivare alla stima dello 0,8% contenuta nel Documento economico e finanziario (DEF). A titolo di confronto, la Commissione europea prevede una crescita dello 0,6%, il Fondo monetario internazionale dello 0,3%. Il rallentamento dell’espansione economica rischia di creare un buco di bilancio nel 2014, a causa di mancate entrate e crescenti uscite. A una mia specifica domanda sulle conseguenze di una possibile revisione delle previsioni di crescita, Antoine Colombani, portavoce della Commissione europea, ha risposto: “Le raccomandazioni-paese pubblicate in giugno (e nel frattempo fatte proprie dal Consiglio europeo) invitano l’Italia ad adottare una esecuzione puntuale del bilancio, a rafforzare le misure dello stesso bilancio, e ad adottare riforme strutturali. Siamo ben consapevoli che la ripresa in Italia è fragile, e che vi sono perduranti rischi. La Commissione europea valuterà la situazione economica e di bilancio dell’Italia quando aggiornerà le sue stime di crescita in autunno”. Già oggi il Governo Renzi è in difetto rispetto alle regole europee. Ha previsto (ottenendo dall’esecutivo comunitario un beneficio del dubbio a tempo) un aggiustamento strutturale del deficit dello 0,2% del prodotto interno lordo, rispetto a un obiettivo europeo dello 0,7%. Accetterà la Commissione europea di chiudere un occhio anche in autunno? Il problema è che il probabile buco di bilancio non è solo dovuto a un rallentamento dell’economia. Nella loro presentazione di politica economica l’8 aprile scorso, il premier Matteo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan spiegavano che la revisione della spesa pubblica avrebbe comportato risparmi per 4,5 miliardi nel 2014, 17 miliardi nel 2015, 32 miliardi nel 2016. La situazione su questo fronte è molto incerta. Nel suo blog, il Commissario Straordinario per la Revisione della Spesa Carlo Cottarelli notava preoccupato alla data del 30 luglio: “Si sta diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa”. E aggiunge: “Il totale delle risorse che sono state spese prima di essere state risparmiate per effetto di queste decisioni ammonta ora 1,6 miliardi per il 2015 (…) È una situazione paradossale in cui la revisione della spesa (futura) viene utilizzata per facilitare l’introduzione di nuove spese”. Non sembra, per ammissione dello stesso Carlo Cottarelli, che gli impegni italiani su questo fronte verranno rispettati. Nella sua presentazione di aprile, il governo spiegava inoltre che avrebbe privatizzato per circa lo 0,7% del prodotto interno lordo all’anno nel 2014-2017. Da Pechino nei giorni scorsi, il ministro Padoan ha confermato l’impegno, ma secondo molti economisti sia Fincantieri che Poste Italiane necessitano di una ristrutturazione per essere veramente attraenti agli occhi di investitori internazionali. Insomma, il rischio per l’Italia di dover affrontare un buco di bilancio nel 2014 e di dover rimettere mano al programma di finanza pubblica per il 2015 è elevato. Il calendario prevede che il governo approvi la finanziaria per l’anno prossimo entro fine settembre, trasmettendola alla Commissione entro metà ottobre. A quel punto, secondo le nuove regole europee, l’esecutivo comunitario ha tempo fino a metà novembre per dare una sua valutazione e chiedere eventuali modifiche in corso d’opera, mentre il Parlamento a Roma sta ancora discutendo il testo. La partita si presenta difficile, e incrocia peraltro il cambio di Commissione. Il nuovo esecutivo comunitario dovrebbe insediarsi il 1° novembre, ma un rinvio è più che possibile viste le difficoltà nel formare la nuova compagine europea. Oggi il responsabile agli affari economici è Jyrki Katainen, un ex primo ministro finlandese che in passato si è rivelato molto rigoroso nel valutare i conti pubblici dei suoi partner. Sarà lui a prendere in esame il bilancio italiano per il 2014 e la finanziaria italiana per il 2015? Non è ancora chiaro. “L’occasione per fare una valutazione dell’andamento dei conti pubblici è la pubblicazione delle previsioni d’autunno”, spiega un alto responsabile europeo. “Se questa sarà in novembre, l’esercizio spetterà alla Commissione entrante. Se invece sarà in ottobre toccherà alla Commissione uscente” e quindi a Katainen. Secondo il portavoce della Commissione Antoine Colombani, la pubblicazione è prevista “in novembre”, manca però ancora una data precisa. È probabile che il governo italiano spera di avere a che fare con il nuovo commissario agli affari economici, sperabilmente più malleabile dell’uomo politico finlandese. La partita si presenta delicata. L’Italia sta dando battaglia per strappare maggiore flessibilità da parte delle autorità comunitarie nel valutare l’andamento dei conti pubblici. Può contare su altri paesi in difficoltà, e che si apprestano probabilmente a rivedere al ribasso le loro stime di crescita, come la Francia. A Bruxelles, c’è la consapevolezza che la situazione economica, politica e sociale richieda pragmatismo nell’applicazione delle regole, ma c’è anche molta cautela per via di una esperienza italiana su questo fronte spesso deludente. La prudenza sarà tanto più evidente quanto più la nuova deriva dei conti pubblici si rivelerà il risultato più di scelte (o di non scelte) politiche che di una frenata economica.
(Nella foto, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, 64 anni, durante l’audizione dinanzi alla Commissione affari economici del Parlamento europeo il 22 luglio scorso)