Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rischia di dare un nuovo e forse decisivo scossone all’assetto multilaterale che ha gestito il mondo nell’ultimo mezzo secolo. L’impatto non è solo politico; ha già un effetto finanziario: il rialzo dell’oro e del bitcoin. Andiamo per ordine.
Negli ultimi giorni il presidente eletto si è detto pronto ad occupare la Groenlandia, annettere il Canada, controllare il Canale di Panama. Al netto delle sue esternazioni più controverse, Donald Trump ha fatto capire in varie circostanze di guardare con scetticismo ai grandi organismi multinazionali: rumoreggia contro la Nato e le Nazioni Unite, minaccia di lasciare l’Organizzazione mondiale della Sanità, fa temere scelte sempre più unilaterali.
Non è la prima volta che ciò accade.
Washington fu strumentale nel creare nel 1945 le grandi organizzazioni multilaterali del dopoguerra, dal Fondo monetario internazionale alla Banca mondiale. Ma già negli anni 70, 80 e poi 2000 i presidenti repubblicani Richard Nixon, Ronald Reagan e George Bush Jr guardarono con sospetto al multilateralismo – per poi ricredersi dinanzi alla prima crisi finanziaria. Intanto, però, Donald Trump rischia di indebolire ulteriormente l’assetto nato nel 1945.
Nel mondo si stanno diffondendo focolai di guerra. E sui mercati gli investitori si adattano. In un momento in cui il multilateralismo è in crisi e gli Stati si guardano sempre più in cagnesco, gli investitori diversificano i loro investimenti, scegliendo strumenti sempre più slegati dall’entità statuale.
Prendiamo l’esempio dell’oro. È salito del 70% in cinque anni. L’aumento è determinato dalla paura di inflazione, dal timore di un nuovo conflitto mondiale, dalle preoccupazioni per l’indebitamento internazionale, da un graduale processo di de-dollarizzazione del sistema finanziario e anche dalla fine di un multilateralismo che sta rimettendo in discussione la collaborazione internazionale e uno stabile equilibrio tra Stati.
Per certi versi, l’andamento del bitcoin riflette le stesse tendenze. Il prezzo dello strumento finanziario è salito in cinque anni del 1200%. Nei due casi c’è il desiderio di diversificare i rischi, scegliendo strumenti svincolati dai singoli paesi. Entrambi – l’oro e il bitcoin – sono a modo loro assets sovranazionali.
D’altro canto, sul fronte americano i sentimenti sul mercato sono contrastanti. Stiamo assistendo a una lenta erosione del ruolo del dollaro nel sistema finanziario mondiale, anche se dinanzi all’incertezza sul futuro delle altre principali monete, la valuta americana rimane forte, per ora.
Tuttavia, gli interrogativi non mancano: quale sarà l’impatto sul dollaro delle decisioni unilaterali di Donald Trump, della crisi del multilateralismo o dell’eventuale influenza della politica sulle scelte monetarie della Riserva Federale? Dopo tutto, il ruolo internazionale della valuta americana ha beneficiato non poco dell’impianto multilaterale e della collaborazione mondiale degli ultimi decenni.
In cuor suo chi acquista oro o bitcoin ha già preso posizione.