In questa ultima settimana, il Governo federale è uscito allo scoperto, mettendo in chiaro quali sono le priorità della Germania in campo economico e citando la crisi finanziaria per mettere un freno a nuove liberalizzazioni provenienti da Bruxelles. La prima presa di posizione è giunta martedì dal cancelliere democristiano Angela Merkel: davanti a 18mila operai a Wolfsburg (Bassa Sassonia) ha difeso la Legge Volkswagen che garantisce un ruolo cruciale della mano pubblica nella casa automobilistica. "Molte, molte persone dovranno soffrire" a causa della tempesta creditizia. "Ecco perché voglio una maggiore organizzazione dei mercati. E la Legge Volkswagen è un elemento di questa organizzazione", ha detto la signora Merkel, respingendo le modifiche alla legge chieste dalle autorità comunitarie per garantire la libera circolazione dei capitali nell’Unione. Giovedì in Parlamento, il ministro delle Finanze socialdemocratico Peer Steinbrück (nella foto insieme alla signora Merkel), ha fatto lo stesso ragionamento parlando delle banche pubbliche. Ha spiegato che il sistema creditizio tedesco a tre pilastri (pubblico, privato e cooperativo) si è dimostrato "un’ancora di stabilità" in momento di grande volatilità dei mercati. L’uomo politico ha avvertito che le continue pressioni comunitarie in vista di una liberalizzazione del settore potrebbero peggiorare la situazione. "Alla luce delle tensioni sui mercati – ha detto Steinbrück – consiglio urgentemente alla Commissione Europea di mostrare senso di responsabilità e sensibilità, per esempio nel caso di WestLB". Da Bruxelles sono giunti negli ultimi giorni segnali per cui le autorità comunitarie sarebbero pronte a bocciare un piano di salvataggio da cinque miliardi di euro della banca pubblica tedesca.
Le due prese di posizione, provenienti da esponenti dei due partiti popolari, sono particolarmente interessanti. Da un lato mettono in chiaro le priorità della Germania; dall’altro mostrano come l’establishment politico sia pronto anche a utilizzare l’incertezza provocata dalla crisi finanziaria per imporre la sua volontà a Bruxelles. Non è sorprendente. Da tempo, i tedeschi viaggiono su un doppio binario. Da un lato contribuiscono al mercato unico liberalizzando molti settori dell’economia e delle professioni; dall’altro sono impegnati a difendere interessi prettamente nazionali. Il 5 luglio 2007, in un’intervista al quotidiano Handelsblatt, lo stesso Steinbrück aveva detto che il Governo deve fare in modo di proteggere alcuni settori considerati strategici: "le telecomunicazioni, le banche, le poste, la logistica e l’energia perché continuino a essere redditizi all’estero e in Germania". In questo contesto, come non notare anche il ruolo dell’ambasciatore di Germania a Roma che in questi ultimi giorni ha ospitato i colloqui sul futuro di Alitalia tra Lufthansa e i sindacati italiani? Tra le due anime tedesche, quella europeista e quella nazionalista, sembra prevalere in questo momento la seconda, complice anche l’incertezza economica e sociale creata dalla crisi finanziaria a un anno dalle prossime elezioni politiche. L’obiettivo è chiaro: essere forti in Germania per espandersi in Europa. C’è da interrogarsi sul futuro della Ordnungspolitik, il principio risalente al dopoguerra secondo il quale il Governo si limita ad agire sui grandi orientamenti dell’economia, salvaguardando per il resto il laissez-faire.