A una settimana dal prossimo consiglio europeo, 12 paesi dell'Unione hanno scritto al presidente del Consiglio Herman Van Rompuy e al presidente della Commissione José Manuel Barroso una lettera in cui hanno tracciato una possibile strategia in otto punti per rilanciare l'economia della zona euro. Molto spazio è riservato al mercato interno, e alla possibilità di utilizzarlo come volano per nuovi scambi commerciali, una volta eliminati molti vincoli e ostacoli. La lettera è stata firmata da 12 paesi, dell'Est e dell'Ovest, del Nord e del Sud, della zona euro e dell'Unione nel suo insieme:Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Italia, Lettonia, Olanda, Polonia, Slovacchia, Spagna, Svezia e Regno Unito. La lista è un curioso pot pourri. C'è la Spagna, ma non il Portogallo; l'Italia, ma non la Grecia; la Repubblica Ceca, ma non l'Ungheria; l'Estonia, ma non la Lituania. A sorpresa non ci sono né la Francia, né la Germania, ma ci sono la Gran Bretagna e l'Olanda. All'inizio di questa settimana, il governo Monti si è assunto il merito dell'intervento. Il ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero ha affermato in conferenza stampa lunedì 20 febbraio che l'esecutivo "si è fatto promotore" di questa dichiarazione, insieme all'Olanda e alla Gran Bretagna. Non proprio dello stesso avviso l'Olanda che nel corso della giornata ha voluto correggere il tiro. Diplomatici olandesi hanno sottolineato che in realtà la lettera è la naturale conseguenza di un'altra missiva, di ispirazione olandese e britannica, che risale al 18 marzo 2011. Poco importa. La lettera è stata pubblicata ed è quello che conta. L'iniziativa nasconde almeno tre obiettivi.
C'è certamente il desiderio di metter l'accento su una ulteriore liberalizzazione del mercato interno, un vecchio cavallo di battaglia del presidente del Consiglio Mario Monti. Di recente, la stessa Commissione ha fatto notare che troppi vincoli nazionali frenano gli scambi commerciali. Non si può neppure escludere che vi sia il tentativo attraverso una presa di posizione internazionale di rafforzare il ruolo (e l'immagine) del proprio paese sullo scacchiere europeo. Penso in particolare all'Italia. Infine, c'è anche l'obiettivo di contrapporsi al binomio franco-tedesco, che spesso in questi anni si è lanciato in iniziative bilaterali, dimenticando i propri partner. In una specie di revival degli equilibri delle potenze alla Bismarck, la diplomazia italiana ha visto nell'iniziativa a 12 la possibilità di ricordare a Parigi e a Berlino che anche gli altri paesi dell'Unione hanno il diritto di esprimersi. Sono ragioni comprensibili. Purtroppo la lettera pubblicata all'inizio della settimana contribuisce alla "cacofonia" europea, come ha notato il presidente del parlamento Martin Schulz, e soprattutto divida la zona euro, proprio in un momento in cui con la crisi debitoria l'unione monetaria ha urgente bisogno di unità. Dei 17 paesi della zona euro solo sette hanno firmato la dichiarazione (10 sono rimasti fuori). Si dice che Francia e Germania non l'abbiano sottoscritta perché metteva troppo l'accento sulla liberalizzazione dei settori dell'energia e della finanza. La partecipazione italiana alla lettera dei 12 stona con il tentativo di Roma di contribuire insieme a Parigi e a Berlino al buon funzionamento della zona euro, attraverso anche vertici trilaterali come quello di Strasburgo in gennaio. All'iniziativa in compenso partecipano la Repubblica Ceca dell'euroscettico Václav Klaus e soprattutto la Gran Bretagna del conservatore David Cameron, vale a dire il paese che più di ogni altro sta boiccotando l'integrazione europea. Tra le altre cose Londra si è rifiutata di firmare il fiscal compact, ricattando fino all'ultimo gli altri paesi dell'Unione. Dall'inizio dell'anno alla guida della rappresentanza britannica presso l'Unione è un funzionario di HM Treasury, Jon Cunliffe, e non un diplomatico del Foreign Office, come è consuetudine. La sua nomina è la conferma della battaglia che gli inglesi vogliono fare contro una nuova regolamentazione della finanza. A Parigi nessuno ha dimenticato quando Edoardo III si alleava con il Duca di Borgogna per indebolire il Re di Francia. E a Roma?
(Nell'immagine, Edoardo III – 1312-1377 – in un ritratto risalente al 1620)
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