Da Berlino, dove scrivo questo articolo, la crisi della zona euro è vista con accenti meno drammatici di quelli che prevalgono a Roma, Madrid e anche a Bruxelles e Parigi. I campionati europei di calcio hanno la loro parte. L'amministrazione della città ha bloccato il traffico sulla Strasse des 17. Juni e il lungo viale che porta dalla Porta di Brandeburgo al Grosser Stern è tornato a essere un Fanmeile, il miglio dei tifosi, come avvenne già durante i campionati del mondo ospitati nella Repubblica Federale nel 2006. Più in generale, in Germania l'economia è in rallentamento ma sempre robusta; la disoccupazione rimane bassa; le obbligazioni tedesche hanno rendimenti bassissimi, a conferma della solvibilità del paese. Eppure, al di là di alcuni minoritari facinorosi, spesso esponenti liberali o cristiano-sociali che continuano a battere la gran cassa del moralismo economico, l'establishment politico è preoccupatissimo dalle eventuali conseguenze di un'uscita della Grecia dalla zona euro. Giovedì il quotidiano Handelsblatt definiva la prova elettorale di domenica "un voto del coraggio, un voto della paura". A chi critica la Germania, accusata di approfittare della crisi degli altri paesi per risparmiare sul suo servizio del debito, riducendo più rapidamente del previsto il deficit pubblico, alcuni ricordano che la Repubblica Federale ha messo a disposizione 24,2 miliardi alla Grecia, 210 miliardi al fondo di stabilità EFSF, e 190 miliardi al meccanismo di stabilità ESM. Come dare loro torto? Alcuni settori dell'intellighenzia europea accusano la Germania di voler escludere la Grecia dall'unione monetaria e di avere una qualche agenda segreta, magari egemonica. Il discorso di venerdì del cancelliere mi ha dato un'altra impressione. Parlando a un gruppo di dirigenti di imprese famigliari, Angela Merkel ha criticato aspramente la Francia. Il cancelliere ha parlato di “mancanza di fiducia tra gli attori” della zona euro. La critica era rivolta a Parigi, che solo ora ha proposto una unione bancaria che comporterebbe una cessione di sovranità nella vigilanza delle banche. La Germania è convinta che la crisi richieda maggiore integrazione europea e che un trasferimento di sovranità dalla periferia al centro con l'obiettivo di creare un bilancio unico sia propedeutico alla nascita di eurobonds.
Ancora più netto è stato il cancelliere nel criticare la politica economica del partner francese. “Se guardate all’evoluzione del costo del lavoro negli ultimi 10 anni in Germania e in Francia, un decennio fa la Germania era messa un po’ peggio. Oggi le differenze stanno crescendo” a vantaggio della Germania. “Anche di questo bisogna parlare in Europa”. Le tensioni franco-tedesche non sono una novità. Neppure ai tempi tanto glorificati di Valéry Giscard d'Estaing e Helmut Schmidt, di François Mitterrand e Helmut Kohl sono mancate le incomprensioni. Eppure le critiche della signora Merkel al nuovo presidente François Hollande sono rivelatrici di uno stato d'animo molto particolare. Fermarsi alla considerazione che il cancelliere si sia arrabbiato con il leader francese solo perché quest'ultimo qualche giorno fa ha ricevuto all'Eliseo alcuni esponenti dell'opposizione socialdemocratica tedesca è riduttivo, e anche un po' banale. Dietro alle critiche tedesche ci sono due fenomeni assai più profondi. Prima di tutto, i fatti hanno sancito (per ora) l'indebolimento della Francia e la dominazione tedesca, in termini economici e probabilmente anche politici. I due membri della coppia franco-tedesca non hanno più lo stesso peso. Soprattutto l'uscita del cancelliere è il riflesso di quanto Berlino sia preoccupata dalla crisi debitoria, e di conseguenza dalle difficoltà della Francia di riformare la propria economia e di affrontare i nodi dell'integrazione europea, vale a dire la cessione di sovranità. Con le sue parole, la signora Merkel ha rivelato quanto la Germania sia consapevole che il suo destino dipenda dalle scelte del suo principale partner. A Berlino, molti sono frustrati dalle ultime decisioni parigine. In particolare la scelta di ridurre da 62 a 60 anni l'età pensionabile di alcuni lavoratori ha scioccato molti tedeschi che stanno portando la loro età della pensione da 65 a 67 anni. Nel contempo, non capiscono perché la Francia trascini i piedi all'idea di cedere sovranità per rafforzare l'integrazione europea. La critica quindi rivela al tempo stesso il senso di drammatica impotenza della Repubblica Federale, ma anche una crescente preoccupazione per una crisi che a causa dell'interdipendenza dei paesi nella zona euro mette a rischio il futuro della stessa Germania. Forse mai critica a Parigi è stata più sintomatica di debolezza, e agli occhi di molti italiani segnale dopo tutto rassicurante.
(Nella foto, il cancelliere Angela Merkel venerdì 15 giugno a Berlino)
NB: Dal fronte di Bruxelles (ex GermaniE) è anche su Facebook