Si racconta che quando Klaus Regling prese la guida del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (Efsf) era praticamente solo negli uffici disadorni della Avenue John F. Kennedy in Lussemburgo. Arrivò con una macchina del caffè. A due anni di distanza, il successore dell’Efsf, il Meccanismo europeo di stabilità (Esm) nasce sotto ben altri auspici. Non solo la nuova istituzione, il cui consiglio dei governatori si riunirà domani per la prima volta, sarà operativa fin da subito; è anche un significativo tassello dell’integrazione della zona euro.
Sì,
perché l’Esm non è una istituzione dell’Unione. E’ un organismo dei soli paesi
membri della moneta unica, a differenza per esempio della Banca centrale
europea i cui soci sono i 27. Non
è un dettaglio da poco. Mentre il presidente del Consiglio europeo Herman Van
Rompuy negozia una riforma della zona euro da varare entro fine anno, i paesi
dell’unione monetaria si dotano di un organismo che in modo quasi camaleontico potrebbe
assumere nuove sembianze di pari passo con l’integrazione crescente della zona
euro.
“La
nuova istituzione nasce con potere significativi che potrebbero spingerla a
svilupparsi nel tempo in modi molto diversi tra loro”, nota Guntram Wolff, il
vice direttore del centro-studi Bruegel a Bruxelles. Nei fatti oggi l’Esm è il
fondo monetario europeo, chiamato ad aiutare i paesi della zona euro in ristrettezze
economiche. Ma in un futuro (ottimistico) potrebbe avere nuove funzioni:
diventando l’autorità di risoluzione delle banche in crisi? Un’agenzia di gestione
del debito europeo? Addirittura il Tesoro dell’unione monetaria?
Almeno
per un certo periodo l’Esm lavorerà a braccetto con l’Efsf. Avrà circa 60 persone,
tutte a Lussemburgo. Non è una società di diritto lussemburghese, come l’Efsf,
ma un’istituzione sottoposta al diritto internazionale. Insieme i due organismi
avranno una capacità di prestito di 700 miliardi di euro. A differenza
dell’Efsf, che gode di garanzie nazionali dei paesi membri, l’Esm avrà un
proprio capitale, a regime 80 miliardi di euro, che userà per prendere a
prestito sul mercato denaro da utilizzare per le operazioni di sostegno
finanziario.
Per
l’Esm, che sarà presieduto dal 62enne economista tedesco Regling, finora
presidente dell’Efsf, i paesi membri hanno scelto un sistema di voto a metà
strada tra l’unanimità del Consiglio europeo e il voto a maggioranza della Bce.
Molte scelte dovranno essere prese per “accordo comune”, ma nei casi urgenti
basterà una maggioranza dell’85% dei voti ponderati (tre paesi avranno potere
di veto: la Germania, la Francia e l’Italia). Da un lato, il sistema di voto rende
le decisioni più difficili da prendere. Dall’altro, le scelte saranno
presumibilmente più solide.
L’establishment
europeo sta discutendo in queste settimane di un trasferimento della vigilanza
bancaria dagli stati alla Bce. La riforma dovrebbe comportare a termine la
nascita di un’autorità che gestisca le crisi bancarie. Interpellato di recente il
commissario al mercato unico Michel Barnier si è limitato a dire: “Mi è chiaro –
ha detto – che dobbiamo creare un’autorità europea indipendente dal
supervisore”. Agli occhi di molti proprio l’Esm, braccio finanziario dei
governi autonomo dalla Bce, potrebbe assumere questo compito.
C’è
chi poi pensa che la nuova istituzione potrebbe diventare un’agenzia di
gestione del debito. “L’Esm ha il diritto di emettere debito – spiega ancora Wulff
–, per di più con rating molto elevati. I Tesori nazionali potrebbero affidargli
il compito di raccogliere denaro per conto loro sui mercati a tassi d’interesse
più convenienti”. Questa soluzione comporta una maggiore integrazione europea,
ma la strada sembra segnata: i paesi della zona euro devono già oggi sottoporsi
a un crescente controllo reciproco che con il fiscal compact ha fatto un salto di qualità.
Da
qui a trasformare il nuovo organismo europeo in un Tesoro della zona euro il
passo è (relativamente) breve. In un’audizione nell’ottobre 2011, l’allora
membro del comitato esecutivo della Bce, Jürgen
Stark, aveva parlato della necessità di dotare la zona euro di un “ufficio
europeo del bilancio” e di un “ministro europeo delle Finanze”. Naturalmente
sarebbero necessari cambiamenti ai Trattati europei e alle Costituzioni
nazionali, ma non si sta già forse discutendo di dare una “capacità
finanziaria” alla zona euro?
La
nascita dell’Esm mostra il divario crescente di interessi tra una Unione
europea a 27 e una zona euro a 17. Il dibattito sulla riforma dell’unione
monetaria incrocia oggi il negoziato sul bilancio comunitario. Nei due casi, è
forte il contrasto tra la consapevolezza di una necessaria integrazione dei
paesi della moneta unica e il desiderio di preservare comunque il mercato unico.
Non è chiaro se e quanto i due obiettivi siano conciliabili. Il nuovo fondo
monetario europeo non sarà un test solo della solidarietà tra i 17, ma anche della
solidità dei 27.
B.R.