BRUXELLES – Lo scenario di un Parlamento diviso tra i due maggiori poli era quello più temuto a Bruxelles o a Francoforte. Le prime proiezioni e i primi risultati di ieri sera fanno temere il peggio. Il voto italiano sottolinea la forte presenza di un sentimento euroscettico nell'elettorato, e mette a nudo il rischio di ingovernabilità del Paese. L'establishment europeo è incerto a questo punto se preferire nuove elezioni o una grande coalizione, nella quale l'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi potrebbe avere un ruolo controverso.
«La preoccupazione maggiore – spiegava ieri sera un alto responsabile europeo qui a Bruxelles – è di dover affrontare settimane o mesi di instabilità politica. Il problema italiano non va visto fuori dal contesto europeo. La situazione italiana va ad aggiungersi ad altri focolai. Penso alla crisi cipriota, il cui sistema bancario è vicino al collasso, o al fatto che alcuni Paesi stanno mancando gli obiettivi di bilancio. I mercati potrebbero essere fragilizzati molto facilmente. La stessa riduzione del rating della Gran Bretagna, pur fuori dalla zona euro, è un fattore di nervosismo».
Da tempo, l'establishment comunitario guardava al voto italiano con preoccupazione. Aveva accolto con speranza la decisione del premier Mario Monti di candidarsi, garanzia di politiche economiche vicine a quelle promosse dalla Commissione o dal Consiglio, ma temeva il successo elettorale del comico Beppe Grillo e del suo Movimento Cinque Stelle, così come il ritorno sulla scena politica di Berlusconi, che ha lasciato la guida del governo alla fine del 2011 tra le critiche accese di molti partner europei per una politica economica poco rassicurante.
A questo punto: nuove elezioni o governo di grande coalizione? Spiega l'alto responsabile europeo: «Il peggio è l'ingovernabilità, sinonimo di immobilismo politico e di riforme rinnegate. Il ritorno alle urne non si farebbe a breve e rischia nel frattempo di creare nervosismo sui mercati. L'idea di un governo di grande coalizione è seducente, ma sono pronti i due maggiori partiti a creare un esecutivo con ministri non tecnici ma politici?». Altri esponenti comunitari pensano che un nuovo voto potrebbe essere la cosa migliore, purché ci fosse però la certezza di un esito chiaro.
Se la classe politica italiana decidesse di optare per un governo di grande coalizione tra il Partito democratico e il Popolo della Libertà, l'eventuale nuovo esecutivo avrà a breve non poche scadenze europee. In aprile dovrà presentare il programma di stabilità e il piano nazionale delle riforme. Peraltro l'esecutivo entrerebbe in carica a semestre europeo già iniziato, in un contesto nel quale il coordinamento delle politiche nazionali è diventato sempre più impegnativo. «Le scadenze sono ravvicinate e vincolanti», ricorda un diplomatico europeo.
La Commissione ha annunciato in dicembre di volere presentare nei prossimi mesi un rapporto sui modi in cui eliminare dal calcolo del deficit gli investimenti pubblici, nel tentativo di dare maggiore flessibilità ai governi, senza mettere a repentaglio il risanamento dei bilanci nazionali. Il presidente dell'Esecutivo comunitario José Manuel Barroso ha precisato che l'opzione sarà valida solo per i Paesi con un disavanzo sotto al 3% del prodotto interno lordo. L'Italia oggi è tra questi, ed è probabile che il nuovo esecutivo, quale esso sia, farà campagna in questo senso.
Ciò detto, nessuno a Bruxelles si nasconde il fatto che circa il 50% dei votanti ha espresso domenica e lunedì un voto con una connotazione euroscettica, tale da influenzare la politica di un nuovo governo. Comunque, al di là delle prossime scelte politiche, si deve presumere che Monti rappresenterà ancora l'Italia nel vertice del 14-15 marzo. Solo nel Consiglio europeo del 22 maggio potrebbe essere presente il nuovo premier italiano. La riunione dei 27 capi di stato e di governo dell'Unione più importante è però quella di giugno.
In questa occasione, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy presenterà un nuovo rapporto sullo stato di avanzamento dei lavori per rafforzare l'assetto istituzionale dell'unione monetaria europea. I temi sul tavolo dei governi sono molti. Non si parla più a breve scadenza di mutualizzazione dei debiti; ma sono sempre in discussione gli accordi contrattuali tra i Paesi e le autorità comunitarie, così come il tentativo di ridare slancio all'economia. Le questioni sono delicate in Italia, e altrove, e al paese converrebbe partecipare con un governo unito e solido.