In queste settimane si moltiplicano le proteste degli agricoltori europei. In Olanda, in Germania, in Francia, in Italia i timori del mondo agricolo sono legati alle esigenze imposte dal Patto Verde, alla riduzione dei sussidi energetici, all’aumento della burocrazia. In altri paesi, come in Polonia, in Ungheria o in Romania, a fare paura sono le importazioni a basso costo provenienti dall’Ucraina.
Ho voluto capirne di più. Mi sono quindi rivolto a Sébastien Abis, 42 anni, direttore generale a Parigi del Club Demeter *, un organismo e centro-studi nato nel 1987 e specializzato nell’industria agroalimentare (raggruppa quasi un centinaio di protagonisti del settore che insieme fatturano 250 miliardi di euro e danno lavoro a oltre 500mila persone). La sua tesi è che, al di là delle differenze nazionali appena accennate, vi è in effetti un qualche legame tra le manifestazioni di queste settimane.
“Agli agricoltori viene chiesto oggi molto, sempre di più. Devono fornire prodotti agricoli e alimentari preferibilmente a basso costo, ma al tempo stesso salutari e rispettosi dell’ambiente; devono fornire energia attraverso tra le altre cose le biomasse; devono curare il paesaggio; devono custodire dighe e altre opere infrastrutturali già esistenti. Non ce ne rendiamo sempre conto, ma l’onere sulle loro spalle è aumentato notevolmente nel corso degli anni”.
“Il mondo agricolo è quindi stanco, tanto più che si è mobilitato durante la pandemia per venire incontro alle esigenze della popolazione europea (…) Il contesto poi è ricco di aspetti contraddittori o difficilmente conciliabili. Le politiche pubbliche non sono sempre coerenti. Chiedono una alimentazione di qualità, ma al tempo di basso costo, e rispettosa dell’ambiente. Gli stessi accordi internazionali contengono questa contraddizione o incoerenza”.
Implicitamente, sotto accusa è la politica agricola comune (PAC), anche se quest’ultima rappresenta tuttora il 30% del bilancio comunitario. I più sospettosi potrebbero anche aggiungere che gli agricoltori temono di perdere molti aiuti comunitari, con l’allargamento dell’Unione europea all’Ucraina, una mini-potenza agricola.
In origine, il Patto Verde prevedeva che entro il 2030 l’Unione Europea avrebbe dovuto essere in grado di destinare il 25% della sua superficie agricola all’agricoltura biologica, di ridurre del 20% l’uso di fertilizzanti chimici, di ridurre del 50% l’uso di prodotti fitosanitari e antibiotici negli allevamenti e di mettere a riposo il 10% della superficie agricola dell’Unione.
Nell’iter legislativo a cui sono state sottoposte le proposte della Commissione europea relative al Patto Verde molte misure sono state riviste e annacquate. L’abolizione dei fertilizzanti avverrà in modo molto più graduale del previsto; le esigenze di tutela della biodiversità sono state riviste al ribasso; sull’uso dei pesticidi la diatriba è ancora aperta.
È da ricordare poi che nel testo legislativo dedicato alla riduzione delle emissioni industriali solo una parte degli allevamenti sono stati presi in considerazione: i bovini sono stati esclusi, mentre per quanto riguarda polli e suini l’attivazione dei nuovi limiti prevede soglie piuttosto elevate. Un ultimo aspetto: in dicembre la Commissione europea ha proposto di ridurre il livello di protezione di cui hanno goduto finora i lupi, venendo incontro nei fatti agli agricoltori che potrebbero, una volta approvata la proposta, proteggere con meno riguardi le loro mandrie.
Le proteste del mondo agricolo però permangono. Ad ascoltare il malumore della categoria sembra di capire che il mondo agricolo abbia la sensazione di non suscitare più il rispetto secolare a cui è stato abituato. “È chiaro che l’avvicinarsi delle elezioni europee, l’incerto quadro politico e la crescita degli estremismi politici – prosegue Sébastien Abis – incitano gli agricoltori alle proteste e alle dimostrazioni”. Per non parlare dei timori legati alla PAC, di cui ho già detto.
In Francia, les jacqueries possono essere tanto violente quanto passeggere. “In questo caso molto dipenderà dalle politiche pubbliche, dalle risposte delle autorità – risponde il direttore generale di Club Demeter -. A livello europeo è iniziato un dialogo strategico sul futuro della politica agricola comune. Quanto basterà per calmare gli animi è ancora presto per dirlo”.
* Demeter in francese, Demetra in italiano, è la dea greca dell’agricoltura, e significa “Madre della Terra”.
(Nella foto AFP, blocchi stradali a Brest, in Bretagna, il 24 gennaio 2024)