Ancora recentemente la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni ha difeso pubblicamente il suo rapporto amichevole con Viktor Orbán, il sulfureo primo ministro ungherese che al di là della sua vicinanza con il controverso presidente russo Vladimir Putin ha anche introdotto leggi nel suo paese che violano pericolosamente i principi della democrazia liberale.
“Io ho fatto quello che avevo detto avrei fatto: si è molto più utili quando si ha la facoltà di parlare con tutti e quando si cerca un punto di incontro. Se non riusciamo a fare questo non riusciamo ad arrivare agli obiettivi, bisogna avere una capacità di dialogo e di mediare”, ha detto la premier Meloni alla fine del vertice europeo della settimana scorsa, riferendosi al colloquio che aveva avuto in precedenza con il premier ungherese.
Curiosamente, tuttavia, Viktor Orbán si sta rivelando per la presidente del Consiglio un falso amico, come dicono i traduttori quando due parole hanno grafia simile in due lingue diverse, ma significato differente. In tre diverse occasioni, non solo il tentativo di mediazione è fallito, ma il premier ungherese ha messo a soqquadro gli stessi interessi italiani.
Così è successo nell’ultimo vertice della settimana scorsa. Viktor Orbán ha usato il proprio veto per bloccare un accordo su una revisione del bilancio comunitario, contrario a nuovi aiuti all’Ucraina. Peccato che lo stesso bilancio avrebbe accordato nuovi aiuti finanziari alle politiche migratorie, fortemente voluti da Roma.
Lo sgarbo ungherese non era il primo. In ottobre a Granada, in Spagna, sempre il premier ungherese, quella volta appoggiato dall’allora premier polacco Mateusz Marowiecki, impose ai suoi partner di cancellare dalle conclusioni del vertice un intero paragrafo dedicato alla lotta contro l’immigrazione illegale. Paragrafo fortemente voluto anche quella volta da Roma.
Qualche mese prima, in giugno, lo stesso era avvenuto in un summit a Bruxelles durante il quale fallì ancora una volta il tentativo di mediazione della signora Meloni con i dirigenti di Polonia ed Ungheria. L’argomento era ancora una volta l’immigrazione.
Ora, la premier italiana può sostenere che il paragrafo cancellato a Granada è stato resuscitato a grandi linee nelle conclusioni del vertice della settimana scorsa. E naturalmente può ribadire che la mediazione è tutto sommato il sale della vita, soprattutto intorno al tavolo del Consiglio europeo. Non a caso Palazzo Chigi si affretta a rendere pubbliche le foto con Viktor Orbán (una di queste è pubblicata in questa stessa pagina e li raffigura in un incontro il 14 dicembre a Bruxelles).
Eppure, di ostacolo prima sull’immigrazione e poi sul bilancio, Viktor Orbán è ormai fonte d’imbarazzo per la premier italiana. In fondo, la situazione riflette bene le contraddizioni in cui versa talvolta la presidente Meloni, combattuta tra tentazioni estremiste e decisioni moderate, tra dichiarazioni bellicose e scelte realistiche.
Certo, le frequentazioni con Viktor Orbán oggi, Mateusz Marowiecki ieri le sono utili a fini di politica interna, per mantenere unito il suo fronte più euroscettico e nazionalista. Ma fino a quando potrà giocare sui due piani mentre il paese alleato è ormai spesso un falso amico?