È con un mezzo sospiro di sollievo che l’establishment europeo ha accolto i primi risultati usciti dalle urne francesi questa sera. Talvolta in pubblico, più spesso in privato, molti esponenti comunitari avevano temuto in questi ultimi giorni che il presidente uscente, il centrista ed europeista Emmanuel Macron, fosse addirittura estromesso dal secondo turno delle presidenziali, lasciando la strada libera a candidati euroscettici nel secondo paese più popoloso dell’Unione europea.
Secondo i primi risultati, al secondo turno di fine aprile si affronteranno invece lo stesso Macron e Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra Rassemblement National. Hanno ottenuto rispettivamente il 28% e il 23% dei voti. In questo senso, la consultazione elettorale replica l’esito delle elezioni presidenziali del 2017 che il presidente uscente vinse con il 66,1% dei suffragi (alla sua avversaria andarono il 33,9 dei voti).
Un mezzo sospiro di sollievo, dicevo. Sì, perché i risultati di questa sera non sono pienamente rassicuranti, agli occhi degli osservatori più europeisti. Il commento di Armin Laschet, l’ex presidente della CDU ed ex ministro-presidente del Nord-Reno Vestfalia rispecchia probabilmente bene il sentimento dominante: “La Francia decide il 24 aprile per tutti noi, per la libertà e l’Europa o per il nazionalismo e l’intolleranza”. Sempre in Germania la Frankfurter Allgemeine Zeitung scrive questa sera: “Emmanuel Macron deve ora battersi” per vincere anche al secondo turno.
D’altro canto, se confrontiamo i risultati del primo turno delle presidenziali francesi con i risultati delle recenti legislative tedesche osserviamo non poche sorprendenti differenze: in Francia l’estrema destra è al 33% (in Germania al 10%); la socialdemocrazia al 2% (rispetto al 26% nella Repubblica Federale); gli ecologisti al 4% (rispetto al 15% oltre Reno).
Guardiamo ora ai risultati francesi nel dettaglio. I candidati più radicali ed euroscettici (Marine Le Pen, Jean-Luc Mélenchon e Eric Zemmour) hanno ottenuto insieme il 52% dei voti. Nel primo turno del 2017, avevano raccolto il 41%.
In secondo luogo, il tasso di astensionismo è elevato: 26,2%, in aumento di quattro punti percentuali rispetto al 2017, anche se lontano dal record degli ultimi anni, toccato in occasione del voto presidenziale del 2002 quando al primo turno il tasso di astensionismo fu del 28,4%.
Proprio quel dato fa riflettere. In quell’occasione, il neogollista Jacques Chirac aveva ottenuto al primo turno il 19,88% dei voti, rispetto al 16,86% di Jean-Marie Le Pen. L’esito del secondo turno fu schiacciante: il candidato moderato ottenne l’82,2% dei voti, rispetto 17,8% del padre di Marine.
I sondaggi lasciano intendere che Emmanuel Macron, pur avendo fatto nel primo turno leggermente meglio rispetto al 2017, non riuscirà a replicare i risultati ottenuti 20 anni fa da Jacques Chirac. Non soltanto i due contendenti sono relativamente vicini, ma soprattutto la scena politica è assai più frammentata di prima e nel frattempo sono nettamente cresciuti i partiti più estremisti.
Inoltre, i principali partiti popolari che hanno governato la Francia negli ultimi 40 anni – i neogollisti dei Républicains e il Partito socialista – sono usciti con le ossa rotte. Valérie Pécresse e Anne Hidalgo hanno ottenuto rispettivamente il 4,8 e il 2,0% in questo primo turno. Cinque anni fa i candidati dei due partiti avevano ottenuto, sempre al primo turno, il 20,1 e il 6,3% rispettivamente.
I socialisti, i neogollisti, i comunisti e i verdi hanno esortato i loro elettori a votare per Emmanuel Macron nel secondo turno. Insieme rappresentano poco meno del 14% dei voti. Jean-Luc Mélenchon, leader della France Insoumise, invece ha prescritto ai suoi elettori “di non dare un solo voto alla signora Le Pen”. Notava questa sera su Twitter Gérard Araud, ex ambasciatore francese negli Stati Uniti e alle Nazioni Unite: “Per il secondo turno, Emmanuel Macron non ha molti elettori potenziali in aggiunta al risultato ottenuto al primo turno. Da questo punto di vista, la sua avversaria è in una posizione molto migliore”.
Aggiungeva Jean-Marie Guéhenno, professore alla Columbia University di New York: “Emmanuel Macron gode di un certo slancio, ma gli elettori di Jean-Luc Mélenchon hanno la chiave per la sua rielezione, e questo non è del tutto rassicurante, considerando l’odio per Macron di molti elettori di sinistra”. Riassumeva infine François Heisbourg, consulente della Fondation pour la recherche stratégique a Parigi: “Nel ballottaggio del 24 aprile, mi aspetto una vittoria stretta di Emmanuel Macron nell’ordine del 51%, ma potrebbe ancora perdere se non riuscisse ad alzare il tiro”.
(Nella foto AFP tratta da Internet, il presidente uscente Emmanuel Macron, 45 anni, in occasione del suo unico evento nella campagna elettorale in vista del primo turno delle presidenziali, a La Défense, il 2 aprile 2022)