Il discorso che il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto venerdì pomeriggio in uno stadio gremito di Mosca aveva chiari accenti patriottici. Doveva celebrare l’ottavo anniversario dell’annessione della Crimea.
Secondo Anders Aslund, autore di Russia’s Crony Capitalism (2019) “le esibizioni di Vladimir Putin negli stadi non sono minimamente sovietiche; sono naziste. Il suo evento nello stadio Luzhniki (…) sembra essere ispirato al Parteitag di Hitler a Norimberga nel 1936, anche se non altrettanto grande o grandioso”.
Forse, poco importa. Con l’occasione, il Cremlino ha giustificato la guerra in Ucraina con il desiderio di difendere le popolazioni russofone del paese. Lo stesso aveva fatto invadendo parte della Georgia e mettendo sotto tutela la Transnistria, una regione della Moldavia abitata da importante minoranza russa. Durante l’evento nello stadio moscovita l’artista Oleg Gazmanov ha cantato insieme alla folla canti nazionalisti. Tra le strofe, questa in particolare ha colto l’attenzione di molti osservatori: “L’Ucraina e la Crimea, la Bielorussia e la Moldavia. Questo è il mio paese (…) Così anche il Kazakhstan e i Baltici”.
Il dato non lascia indifferenti tre paesi dell’Unione europea: la Lettonia, la Lituania e l’Estonia, che proprio nei giorni scorsi hanno ridotto grandemente le relazioni diplomatiche con Mosca, espellendo in tutto 10 diplomatici russi. Nelle tre repubbliche baltiche vivono ancora folte comunità russe. In privato, anche qui a Bruxelles, i dirigenti baltici temono una invasione russa, malgrado l’ombrello della Nato, e magari indotta da un crescente sentimento anti-russo o tensioni tra le diverse etnie.
Il paese che più ospita cittadini di etnia russa è la Lettonia. Conta una minoranza pari al 24,5% della popolazione totale (che è di 1,9 milioni di abitanti). Nelle scorse settimane, il governo ha chiuso le reti radiofoniche e televisive russe per paura che vengano utilizzate per disinformare i lettoni su quanto accade in Ucraina.
Per ora, la popolazione russa appare contraria alla guerra, secondo fonti di stampa lettoni. Ma è da segnalare che nel 2018 il partito pro-russo (ma contrario alla guerra) Armonia era giunto in testa nelle elezioni parlamentari di quell’anno. Il movimento politico, tuttavia, non fa parte del governo guidato da Arturs Krisjanis Karins, un lettone-americano nato nel 1964 a Wilmington (nel Delaware).
Il rinnovo del Parlamento nazionale è previsto a breve, in ottobre. Vi è comprensibilmente incertezza a Riga sui nuovi equilibri politici che potrebbero nascere sulla scia della guerra in Ucraina. Nel frattempo, il timore è di assistere a tensioni tra le diverse comunità, in particolare il 9 maggio, la data in cui si celebra la fine della Seconda guerra mondiale e che i nazionalisti russi festeggiano con particolare fervore. La preoccupazione è di assistere a una scintilla che provoca un intervento russo.
La situazione non è dissimile in Estonia, dove i cittadini di etnia russa sono il 24,2% in un paese abitato da 1,3 milioni di abitanti. Il partito pro-russo è vicino alla sinistra radicale ed è attualmente assente dal Parlamento nazionale. Le prossime elezioni sono nel marzo del 2023.
Infine, la Lituania è la repubblica baltica più popolosa; la minoranza di origine russa è pari al 5% della popolazione nazionale, che è di 2,8 milioni di abitanti. Nel paese è stato decretato lo stato di emergenza. Il governo ha deciso di portare la spesa militare del 2022 dallo 2,05 al 2,52% del PIL. Il partito pro-russo difende anche gli interessi della comunità polacca, ed è nei fatti euroscettico. Le prossime elezioni legislative sono nel 2024.
Come l’Ucraina, le repubbliche baltiche appartenevano all’Unione Sovietica. Come le repubbliche baltiche anche l’Ucraina ha una importante minoranza russa (quasi il 20% della popolazione). I tre paesi sul Baltico hanno però radici in parte diverse. Scrive lo scrittore olandese Geert Mak nel suo libro In Europe (2004): “In modo simile al Benelux, le tre repubbliche baltiche sono alla frontiera di antiche regioni culturali europee”.
Nel Quattrocento, la Lituania faceva parte, insieme a Kiev e a Minsk, dello stesso impero d’Europa orientale, che si estendeva fino al Mar Nero. L’Estonia ha sempre guardato alla Scandinavia, da Tallinn oltre il Golfo di Finlandia, ed è stata nel corso della sua Storia danese e svedese (e anche russa: l’abitazione di Pietro il Grande nella capitale estone è oggi una casa-museo). La Lettonia invece ha evidenti trascorsi tedeschi, come dimostra anche il centro Jugendstil di Riga, un ex porto della Lega Anseatica.
In questo senso, è la storia del XX secolo che accomuna le repubbliche baltiche più di tutto. Tutte e tre hanno subìto volta per volta il dominio nazista e poi quello sovietico. Oggi molti temono il ritorno della Russia. Ammetteva di recente un diplomatico bruxellese: “Per anni i rappresentanti dei paesi baltici intorno ai tavoli comunitari hanno avvertito della minaccia russa. Li guardavamo increduli. Pensavamo in cuor nostro che esagerassero. Oggi, li capiamo di più”.
(Nella foto dell’autore, risalente al 2015, un monumento in stile sovietico lungo il fiume Daugava a Riga, Lettonia)