La crisi afghana ha riportato in auge il tema di una difesa europea. Non è la prima volta che in questi anni il tema riaffiora. Le difficoltà affrontate sul fronte economico hanno messo in luce la fragilità istituzionale dell’Unione europea e quindi indotto a riflettere su come rafforzare anche la difesa. Nel 2017 la Commissione Juncker, per mano dell’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza Federica Mogherini, riuscì a far applicare per la prima volta gli articolo 42-46 dei Trattati che consentono la cooperazione rafforzata anche in campo militare.
Questa volta la crisi in Afghanistan, associata a un crollo della credibilità della Nato e a nuove incomprensioni con gli Stati Uniti, rende il dibattito più interessante. Da decenni il tema è pressoché tabù, da quando nel 1954 l’Assemblea Nazionale a Parigi bocciò il trattato in vista di una Comunità europea della Difesa. Quest’ultima doveva essere composta da 40 divisioni nazionali di 13mila uomini ciascuna, vestiti tutti di una uniforme europea (mentre l’ipotesi sul tavolo oggi è di una forza d’intervento rapido di 5mila uomini provenienti dalle forze armate nazionali). Era il 30 agosto e primo ministro era il radicale Pierre Mendès-France: i voti contrari furono 319, i voti a favore 264. Titolò l’indomani L’Humanité, il giornale del partito comunista francese: “La CED è stata bocciata. Vittoria del popolo di Francia e della pace”.
Vale la pena oggi tornare su quei mesi. L’idea di una Comunità europea della Difesa giunse sulla scia della guerra in Corea, scoppiata nel 1950. Crebbero i timori che il conflitto potesse replicarsi in Europa, tra le due Germanie. Ai tempi il presidente americano era Dwight Eisenhower, il segretario di Stato John Foster Dulles. Entrambi ritenevano che la CED fosse utile anche agli Stati Uniti, desiderosi di lanciare segnali di intransigenza nei confronti dell’Unione Sovietica.
In un rapporto del 25 ottobre 1954, pubblicato quindi due mesi dopo il voto all’Assemblea Nazionale, lo stesso segretario Dulles confermò la delusione americana, raccontando quanto aveva detto ai suoi partner europei in un viaggio in Europa terminato pochi giorni prima: “Fintanto che l’Europa occidentale si adopera per l’unità e la forza, l’aiuto americano è generoso (…) Ma quando l’Europa va nell’altra direzione e tende alle divisioni e alle tensioni, allora l’America si ritrae”. Ai tempi, l’integrazione comunitaria era ritenuta uno strumento utile per contrastare la forza del comunismo in Europa.
Nei fatti, la bocciatura francese dette nuovo slancio alla Nato, creata appena cinque anni prima a guida americana. In quella occasione, le forze politiche francesi erano terribilmente combattute. Da un lato, credevano che un esercito europeo avrebbe probabilmente contribuito alla pace in Europa e sarebbe stato un utile contraltare alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio nata nel 1952. Al tempo stesso, votare a favore della CED avrebbe significato nei fatti consentire in un modo o nell’altro il riarmo della Germania.
A meno di un decennio dalla fine della Seconda guerra mondiale, il paese profondo non era pronto ad accettare una tale conseguenza. Prevalse quindi un atteggiamento nazionalista, forse anche per via delle prime tensioni post-coloniali in Algeria. Secondo il resoconto del quotidiano comunista, “una vibrante Marsigliese” salutò “il risultato dello scrutinio” nell’aula del Palais Bourbon. Oltre al rafforzamento della Nato, il voto francese accelerò la decisione americana di concedere la piena sovranità alla Repubblica Federale Tedesca.
A 70 anni di distanza quanto maturi sono i tempi per una svolta? Le minacce estremiste in alcune aree del mondo scaturite dalla crisi afghana così come i crescenti dissapori nella Nato dovrebbero lasciare ben sperare, ma alcuni paesi dell’Est sembrano ancora preferire l’ombrello americano a una cooperazione europea. Spetta soprattutto alla Francia e alla Germania rompere gli indugi e uscire da una loro perdurante ambiguità. In ultima analisi, Parigi deve consentire di mettere a disposizione dei partner il proprio esercito, e Berlino deve finalmente accettare di svincolarsi dal legame con gli Stati Uniti.
(Nella foto, tratta da Internet, il segretario di Stato John Foster Dulles – 1888-1959)