L’epidemia influenzale di questi ultimi mesi ha scombussolato gli equilibri politici ed economici in Europa. Lo abbiamo toccato con mano più volte: la Germania si è rafforzata, la Francia e l’Italia si sono indebolite. Le stesse stime economiche della Commissione europea lo dimostrano. La recessione italiana o francese nel 2020 sarà pressoché doppia rispetto a quella tedesca. Come detto, Parigi vede nel rilancio dell’integrazione comunitaria un modo anche per annacquare la nuova forza della Germania.
In Italia, dirigenti politici e commentatori pubblicisti guardano con sottile e inconfessabile soddisfazione al nuovo indebolimento politico della Francia. Sperano in cuor loro che la crisi economica possa finalmente infragilire il privilegiato rapporto franco-tedesco e assicurare l’appoggio di Parigi nel perenne tentativo italiano di strappare magnanimità a Bruxelles, trovare scorciatoie in patria e in ultima analisi preservare uno status quo familistico e sperperatore.
L’establishment italiano rischia tuttavia di farsi pericolose illusioni. La Francia è drammaticamente consapevole di come la forbice con la Germania si sia ulteriormente allargata in questi mesi; e non ha intenzione di rimanere con le mani in mano.
Bruno Le Maire, 51 anni, è stato appena confermato dopo il rimpasto di governo della settimana scorsa. Anzi il suo portafoglio è cresciuto: da ministro dell’Economia è diventato ministro dell’Economia, delle Finanze e della Ripresa. Nei giorni scorsi è venuto a Bruxelles per una serie di incontri alla Commissione europea. Ne ha approfittato per incontrare alcuni giornalisti europei, a cui ha illustrato la strategia francese dei prossimi anni.
Prima di tutto, il ministro ha spiegato che la risposta francese alla crisi è in tre tempi: in primavera il governo si è impegnato “a spegnere l’incendio”, assumendosi gli oneri finanziari di una sospensione forzata dell’attività economica; successivamente l’obiettivo è stato di aiutare il settore della ristorazione, del turismo e della cultura. In settembre, infine verrà presentato il piano per la ripresa.
Il ministro Le Maire si è concentrato su quest’ultimo punto: “Non vogliamo in alcun modo spendere denaro a pioggia come in un fuoco di paglia. Il nostro obiettivo è di accelerare la modernizzazione della Francia (…) I Leitmotiv sono robotizzazione, innovazione, rimpatrio di alcune filiere produttive, digitalizzazione”.
Ha poi proseguito: “Vogliamo accelerare sul percorso della transizione energetica e preparare la Francia al XXI secolo. Vogliamo usare il denaro europeo per difendere la nostra sovranità tecnologica, non certo per ridurre l’imposta sul valore aggiunto (IVA), come sento proporre da alcuni in Francia”. E in Italia, aggiungerei io.
L’impegno del ministro, che ha assunto la responsabilità sia della spesa statale che del bilancio pubblico, è doppio: “Il rilancio dell’economia e il risanamento dei conti pubblici”. Ha però precisato: “Attenzione: prima il rilancio e poi il risanamento. Ma non si può fare il rilancio senza avere in mente il successivo risanamento. In questo senso, l’obiettivo è investire, investire, investire. E riformare”.
Il nuovo governo presieduto da Jean Castex ha ribadito la volontà di ridurre le imposte sulla produzione e di riprendere il negoziato con le parti sociali per rimettere mano al sistema pensionistico.
Da Roma, con ragione, la Francia di Emmanuel Macron appare più debole della Germania di Angela Merkel. Ma sempre a Roma si farebbe un errore a non ricordare che il paese oltre le Alpi ha doti straordinarie quando si tratta di proiettarsi nel futuro, come ha dimostrato nel secondo dopoguerra con il Minitel, il TGV, la carte à puce (la carta bancaria dotata di un microprocessore), la penna a sfera o il Caravelle – il primo aereo a reazione con il motore posteriore.
“Il momento è storico – ha poi detto ai giornalisti il ministro, normalista ed enarca -. Sapete quando si capisce che il momento è storico? Quando il futuro si scrive con la volontà”. La frase può apparire ad effetto e forse anche tautologica; ma ha il merito dell’eloquenza.
D’altro canto, mentre l’impegno di un ministro in Francia è di mostrare la via e convincere gli elettori, troppo spesso in Italia l’obiettivo del politico sarà di rimanere quel tanto oscuro per poter galleggiare piuttosto che governare, sopravvivere piuttosto che decidere. La classe politica infarcisce i suoi discorsi di frequenti anglicismi, metafore calcistiche e soprattutto tic verbali – “il Covid”, “il Recovery Fund”, “il MES”, “il lockdown”, “il compromesso al ribasso”, “l’apertura di un tavolo”, “gli egoismi nazionali” e così via.
Con una certa prosopopea, ma innegabile volontarismo, la Francia sta quindi gettando le basi di una sua riscossa, forte anche di una amministrazione solida e di un fisco efficiente. Il sentiero è accidentato e incerto, ma la classe politica al potere sta tracciando la strada. La forbice franco-tedesca potrebbe almeno in parte richiudersi, quella franco-italiana salvo colpi di reni rischia invece di allargarsi.
(Nella foto, Bruno Le Maire in una foto del marzo scorso tratta dal sito di RTL Info)