L’epidemia influenzale che sta colpendo l’Italia e l’Europa indurrà i governi della zona euro a discutere di manovre di bilancio per sostenere l’economia ed evitare se possibile una recessione. Lo sguardo correrà ai paesi del Nord Europa che in questi anni sono stati accusati di accumulare attivi di bilancio e surplus delle partite correnti anziché aumentare la spesa e la domanda per promuovere le esportazioni dei paesi del Sud Europa.
Parlando al Sole/24 Ore martedì 25 febbraio, il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis ha spiegato: “Sia in Germania che in Olanda il surplus di bilancio è diminuito. Entrambi i paesi hanno adottato piani di stimoli all’economia, in alcuni casi con pacchetti di notevole importanza. Prevediamo che tra il 2019 e il 2021 gli attivi di bilancio si riducano in modo molto sostanzioso”.
Mentre emergono i primi segnali del prossimo dibattito europeo conviene avere le idee chiare su quanto i paesi del Nord Europa abbiano fatto finora. Il rapporto-paese relativo alla Germania e presentato negli scorsi giorni dalla stessa Commissione europea è particolarmente interessante perché smentisce alcuni luoghi comuni.
Dal 2014 in poi, il settore pubblico tedesco ha conseguito avanzi di bilancio che sono aumentati nel tempo fino a toccare un picco dell’1,9% del prodotto interno lordo nel 2018. Questo surplus è però sceso all’1,5% nel 2019 e la Commissione europea prevede che diminuirà notevolmente anche nei prossimi due anni, portando il bilancio pressoché in equilibrio (0,6% nel 2020 e 0,2% del PIL nel 2021). Nel frattempo, l’attivo delle partite correnti è sceso nei confronti della zona euro dal 2,7% del PIL nel 2015 al 2,2% del PIL nel 2019.
Gli stessi investimenti pubblici in Germania sono aumentati di circa il 6% annuo nel 2015-2017, vicino al 9% nel 2018 e vicino al 7% nel 2019 in termini nominali, mentre in termini reali sono aumentati di circa il 4% annuo in media nel 2015-2019. “Questa tendenza ha fatto aumentare il tasso di investimento pubblico dal 2,1% del PIL nel 2015 al 2,5% del PIL nel 2018”, nota Bruxelles, che ammette: “Tuttavia, l’arretrato rimane considerevole, soprattutto a livello comunale”.
In buona sostanza, non è vero che la Germania non abbia fatto nulla per aiutare la crescita dell’unione monetaria in questi anni. Sotto pressione a livello europeo e anche a livello nazionale, il governo Merkel ha aumentato la spesa, come risulta sia dal calo dell’attivo di bilancio che dall’incremento degli investimenti. Possiamo discutere se abbia fatto abbastanza e se non debba moltiplicare gli sforzi dinanzi ai nuovi rischi di recessione (anche nella Repubblica Federale), e mentre le autorità monetarie non hanno spazio di manovra o quasi.
Il dibattito in Germania sull’opportunità di rivedere l’obbligo del pareggio di bilancio è in corso. L’esito è però incerto. La fragilità dell’economia, anche per via dell’epidemia influenzale da coronavirus, fa paura a molti tedeschi, tanto più che il paese dipende da una ampia catena produttiva a livello mondiale. Anche l’indebitamento però provoca dubbi e interrogativi, mentre sullo sfondo si stagliano le incerte elezioni legislative del 2021.
Dei pericoli di recessione e di aiuti all’economia europea, i ministri delle Finanze della zona euro parleranno mercoledì. Analizza un esponente comunitario: “Il dibattito politico non sarà facile. Da un lato, Francia e Italia vorranno spendere di più rispetto a quanto le regole europee e i livello di debito dovrebbero concedere loro. Dall’altro, i paesi del Nord, Germania in testa, rischiano di essere reticenti all’idea di mettere a rischio i loro bilanci appena risanati”.
(Nella foto Sipa Press, il ministro delle Finanze tedesco, il socialdemocratico Olaf Scholz, 61 anni)