La Turchia continua a essere fonte di imbarazzi e di tensioni tra i Ventotto. Il presidente Recep Tayyip Erdogan è oggi a Bruxelles per incontrare i vertici europei. In cima all’agenda, la guerra civile in Siria. I Ventotto hanno bisogno dell’aiuto della Turchia per frenare l’arrivo di rifugiati dalla Siria o dall’Irak. La Commissione europea ha quindi proposto di versare al paese aiuti per un miliardo di euro. Ankara cercherà di avere un sostegno più generoso, pur di meglio gestire i campi profughi che ormai stanno mettendo radici nel paese. A complicare la questione e le discussioni tra Ankara e Bruxelles è la scelta se inserire o meno la Turchia tra i paesi cosiddetti sicuri, in altre parole i cui cittadini non hanno diritto di ottenere d’emblée asilo nell’Unione Europea. In settembre, la Commissione europea ha stilato una lista di paesi limitrofi che considera democratici o comunque retti da regimi dai quali non è impellente scappare. La lista include tutti i paesi attualmente candidati all’entrata nella UE: Albania, Bosnia ed Erzegovina, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, il Kosovo, il Montenegro, la Serbia e la Turchia. L’obiettivo dell’esecutivo comunitario è di rendere più facile la selezione dei rifugiati da accogliere in Europa alle frontiere orientali e meridionali dell’Unione. Al momento dell’ingresso, le autorità nazionali dovrebbero poter più facilmente iniziare le procedure di asilo, se possono escludere in automatico i cittadini che provengono da questi sette paesi. La lista fa parte di un pacchetto di misure per meglio gestire l’arrivo di migliaia di migranti, a cui si aggiungono provvedimenti per la ricollocazione di 160mila persone in tutta Europa così come maggiore collaborazione europea nel rimpatriare chi non ha diritto all’asilo. Peccato però che la scelta di inserire la Turchia nella lista dei paesi sicuri ha provocato imprevedibili spaccature tra i Ventotto, chiamati in ultima analisi ad approvare il provvedimento. La questione è stata discussa dai diplomatici nazionali in varie circostanze in queste ultime settimane, senza che fosse possibile trovare una soluzione. Spiega un diplomatico: “Le divisioni sono tali che in occasione del prossimo incontro dei ministri degli Interni giovedì 8 ottobre la questione verrà rinviata”. Nelle discussioni di queste settimane, molti paesi si sono opposti alla scelta di considerare la Turchia un paese sicuro. Tra questi, la Grecia, la Svezia, il Regno Unito, Cipro, ma anche la Germania. Cpiscono perfettamente l’obiettivo legittimo della Commissione europea, ma devono rendere conto alle proprie pubbliche opinioni. In molti paesi europei, il regime turco non piace perché viola i diritti umani e la libertà di stampa. In Grecia e a Cipro, la questione è legata anche a uno storico risentimento reciproco, per non parlare della divisione di Cipro tra ciprioti greci e ciprioti turchi. La Germania è combattuta tra interessi contraddittori. Da un lato, il paese è un partner importante. I turchi rappresentano una fetta importante della comunità straniera che abita nella Repubblica Federale. Molti hanno ancora legami con la patria d’origine. Targare il regime come anti-democratico potrebbe essere politicamente rischioso. Eppure, nelle recenti trattative diplomatiche, la Germania si è opposta a considerare la Turchia un paese sicuro, mettendo l’accento sulla deriva politica del paese, guidato da Erdogan. Per altri stati membri della UE, la questione non si pone, tanto più che con la Turchia Bruxelles sta negoziando un lento processo di avvicinamento, che dovrebbe a un certo comportare l’entrata del paese nell’Unione. Come è possibile da un lato negoziare con Ankara l’ingresso nella UE e dall’altro rifiutare di considerare il paese sicuro, alla stregua di altri paesi dell’allargamento, come la Serbia o l’Albania? La contraddizione salta agli occhi, e rischia di complicare i colloqui di oggi tra il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il presidente turco Erdogan, mentre il tentativo dei Ventotto è di rinviare qualsiasi decisione che possa danneggiare l’indispensabile collaborazione turca nel gestire la crisi siriana.
(Nella foto, Recep Tayyip Erdogan, 61 anni, presidente turco)