La decisione tedesca di sospendere nei fatti il Principio di Dublino, e quindi consentire ai rifugiati arrivati in Europa di presentare domanda di asilo non nel paese di primo arrivo, ma direttamente nella Repubblica Federale, ha sorpreso molti commentatori. Ai loro occhi, la Germania, che nella gestione della crisi finanziaria è stata accusata di egoismo e opportunismo, ha mostrato improvvisamente un volto nuovo, più umano. Lo stesso può dirsi della recente decisione di accogliere sul proprio territorio i profughi arrivati in Ungheria negli ultimi giorni. Molti paesi europei sono recalcitranti all’idea di accogliere rifugiati. Anche quelli che sono pronti ad accettare una ricollocazione per quote nazionali vorranno limitare il numero di ingressi. La Germania, invece, ha fatto capire di essere disposta ad accettare gli 800mila profughi che quest’anno dovrebbero fare richiesta di asilo nel paese. La cancelliera Angela Merkel ha spiegato che la sua scelta è “moralmente e legalmente” giusta. I commentatori che prima la accusavano di essere una matrigna senza scrupoli, oggi ne lodano a seconda dei casi la sorprendente umanità o l’improvvisa lucidità. Dietro alla decisione di Berlino si nascondono molte ragioni. Alcuni osservatori tenderanno a sottolineare gli interessi opportunistici, ricordando i due mali tedeschi che nuovi immigrati potrebbero contribuire a guarire. Il primo è l’invecchiamento della popolazione. Secondo le stime più recenti, il numero di abitanti in Germania scenderà progressivamente nei prossimi decenni, in assenza di un aumento della natalità o dell’immigrazione. Nel 2050, la maggioranza degli abitanti avrà oltre 50 anni. Senza sangue nuovo, a rischio sono la tenuta del sistema previdenziale e la forza dell’economia nazionale. Il secondo male, su cui le associazioni imprenditoriali mettono spesso l’accento, è la carenza di manodopera, soprattutto di quella specializzata. La speranza è che i nuovi rifugiati dalla Siria o dall’Afghanistan risolvano anche questo problema. Ciò detto, attribuire la scelta tedesca solo a ragioni opportunistiche è sbagliato, oltre che ingiusto. La Germania ha certamente interesse ad accogliere nuovi stranieri – senza dimenticare i costi di una integrazione che rischia di essere politicamente impegnativa ed economicamente costosa. Banalmente, Goethe diceva che per vivere felice “l’uomo deve viaggiare con due valigie: la prima per dare, la seconda per ricevere”. Tuttavia, più in generale, alla radice della scelta tedesca c’è – a dispetto di alcuni atteggiamenti rigidi e ottusi – un paese che ha un cuore. Sarà l’anima romantica, sarà l’esperienza storica, sarà l’innata emotività: il tedesco aiuta il prossimo e non è per nulla insensibile alle difficoltà del vicino. Ogni anno i cittadini della Repubblica Federale danno in beneficenza fra i tre e i sette miliardi di euro, secondo le ricerche di mercato più recenti. Nel 2013, la sola Croce Rossa Tedesca ha raccolto offerte per 66 milioni di euro. A Natale, i giornali locali organizzano tra i lettori raccolte per i più demuniti. Non c’è ente culturale – da un museo a un conservatorio – che non viva di donazioni. E ogni anno l’istituzione pubblica con straordinaria precisione la lista dei donatori, con a fianco la somma ricevuta, anche quella più irrisoria. Il paese conta una rete di oltre 20.700 fondazioni pubbliche e private che fanno filantropia e investono generosamente nell’istruzione, nella ricerca, nella salute. Al 15 luglio scorso, la più generosa fondazione tedesca era la Volkswagen Stiftung, legata all’omonima casa automobilistica: ha già investito quest’anno 195,7 milioni di euro. Che la Germania abbia deciso di aprire la porta ai rifugiati siriani o nord-africani non deve sorprendere. Non solo la Repubblica Federale è un paese d’immigrazione, e ormai rivendica questo tratto con un certo orgoglio; ma già 25 anni fa, al momento del crollo della Jugoslavia, la Germania accolse migliaia di rifugiati croati, bosniaci, serbi o sloveni. Nel settembre del 1991, immigrati nella città sassone di Hoyerswerda furono aggrediti da bande di neonazisti. Ciò non impedì alla Repubblica Federale di accogliere 256.112 profughi quell’anno, 438.191 l’anno successivo, e altri 322.599 l’anno successivo ancora, quando fu decisa una stretta delle norme sul diritto d’asilo. Accanto ad alcuni tedeschi, razzisti, xenofobi e violenti, la maggioranza del paese è tollerante e accogliente. Molti osservatori hanno intravisto una contraddizione tra l’umanità dimostrata nei confronti dei rifugiati provenienti dal Medio Oriente o dall’Africa, e l’inflessibilità nei confronti di una Grecia, vittima di una grave crisi finanziaria ed economica. In realtà, le due reazioni sono facce della stessa medaglia. Entrambe sono il riflesso di una stessa società emotiva, sentimentale, anche impulsiva, che si commuove per i profughi naufragati nel Mediterraneo, e si sente ferita quando ha l’impressione che un paese, un suo partner nell’avventura dell’euro, abbia truccato i conti, tradito la sua fiducia, e rinnegato gli impegni, nonostante abbia ricevuto da Berlino prestiti in cinque anni per 56 miliardi di euro.
(Nella foto, un gruppo di profughi mediorientali in arrivo dall’Ungheria alla stazione centrale di Monaco ai primi di settembre)