Nell’accordo di questa settimana sulla redistribuzione in tutta Europa di 32mila rifugiati, la Germania ha promesso di accoglierne 10.500. Dei 22 paesi partecipanti all’operazione di ricollocamento, la Repubblica Federale ha deciso di dare asilo a un terzo delle persone coinvolte. Un confronto con altri grandi paesi è impressionante: la Francia accoglierà 6.752 profughi; la Spagna 1.300; l’Italia, come la Grecia, è stata esentata. Non si può dire che la Germania abbia fatto poco in questi anni nel dare ospitalità agli stranieri. Secondo le ultime statistiche di Eurostat, il paese ha concesso l’asilo a 47.555 persone nel 2014 (rispetto alle 20.600 concessioni d’asilo di Francia e Italia), mentre ha ricevuto 73.120 domande d’asilo nel solo primo trimestre del 2015, con un aumento del 32% rispetto all’ultimo trimestre del 2014. Nel 2013, sempre la Germania ha concesso la nazionalità a 115.118 persone. A titolo di confronto, i nuovi francesi sono stati 97.276, i nuovi italiani 100.712, i nuovi spagnoli addirittura 225.793. Anche in Germania, il massiccio arrivo di nuovi migranti sta provocando dubbi e incertezze; ma nulla a che vedere con il dibattito spesso scomposto in Italia o in Francia. Uno dei motivi è che la Repubblica Federale ha sempre applicato regole ferree sull’accoglienza degli stranieri. Ospitalità sì, ma secondo uno schema preciso. Fin dagli anni 50, il paese ha distribuito con metodicità gli stranieri sul suo territorio, evitando per quanto possibile la nascita di ghetti e responsabilizzando le 16 regioni del paese in equa misura. C’è addirittura una chiave di ripartizione, la cosiddetta Königsteiner Schlüssel. Prende il nome dalla cittadina di Königstein im Taunus, nei sobborghi di Francoforte sul Meno, dove fu ideata nel 1949. La chiave di ripartizione si basa su due fattori: la popolazione della regione e le sue entrate fiscali. Il primo pesa per un terzo, il secondo per due terzi. Ogni anno il sistema distributivo viene rivisto e corretto dalla Gemeinsame Wissenschaftskonferenz, una conferenza Stato-regioni che riunisce il governo federale e i governi dei 16 Länder nazionali. In origine, la formula era stata ideata per redistribuire nel paese fondi per la ricerca o per progetti di interesse nazionale. Col tempo, l’uso è stato ampliato, fino a utilizzare la chiave di ripartizione anche nel ricollocamento degli immigrati. Il ragionamento è chiaro. Le regioni più ricche e popolose sono quelle che devono sopportare l’onere maggiore nell’accogliere nuovi stranieri. Nel 2015, la chiave di ripartizione prevede che i Länder più generosi siano il Nord-Reno Vestfalia (21,2%), la Baviera (15,3%), il Baden-Württemberg (12,9%). Quelli che invece devono fare meno sforzi sono Brema (0,9%), il Saarland (1,21%), il Meclemburgo-Pomerania Occidentale (2,04%). C’è chi protesta contro la Königsteiner Schlüssel. Winfried Kretschmann, ministro-presidente ecologista del Baden-Württemberg, ha sostenuto di recente che i rifugiati dovrebbero essere redistribuiti in priorità verso Est, nelle regioni meno popolate (e più povere) di Germania. Anche altre regioni rumoreggiano, come la Baviera. Eppure, si capisce meglio perché la Germania abbia difeso l’idea comunitaria di un ricollocamento di 50mila rifugiati in tutta Europa, ed è l’unico paese che lunedì scorso si è impegnato ad accogliere un numero superiore di profughi rispetto a quello previsto dalla proposta originaria della Commissione europea.
(Nella foto, la cancelliera Angela Merkel mentre cerca di consolare una giovane palestinese, Reem Shawil, il 15 luglio scorso a Rostock. Accolta temporaneamente in Germania con la famiglia quattro anni fa, quest’ultima teme di essere costretta a tornare in Libano. Le ultime informazioni sono però rassicuranti. Una legge che entra in vigore il 1° settembre e che prevede l’asilo a chi ha studiato almeno quattro anni nella Repubblica Federale dovrebbe permetterle di rimanere in Germania)