Nella loro riunione straordinaria di sabato, la quinta in dieci giorni, i ministri delle Finanze della zona euro, hanno mostrato una posizione condivisa, almeno nel comunicato finale che ha chiuso il vertice. Tutti hanno spiegato che la scelta greca di indire un referendum sulle più recenti proposte dei creditori prima di concludere il negoziato equivale a una interruzione delle trattative in vista di un accordo. Nei fatti, i paesi hanno mostrato nei confronti della Grecia sentimenti di rabbia, risentimento, delusione, sfiducia, frustrazione. Una carrellata delle dichiarazioni di sabato e domenica può essere utile per capire il mosaico di impressioni, in un contesto nel quale la Commissione europea cerca di riallacciare il diagolo per strappare una intesa con la Grecia ed evitare il tracollo. Qualsiasi accordo dovra essere approvato dai governi. Peter Kazimir, ministro delle Finanze slovacco: “Siamo tutti stufi (…) Questo è l’ulima riunione sulla questione. O approviamo l’accordo o non lo approviamo e allora discuteremo dei dettagli tecnici del fallimento di uno dei paesi della zona euro”. Michael Noonan, ministro delle Finanze irlandese: “Ho sempre detto di avere grande simpatia nei confronti del popolo greco. Ho sempre detto che c’è bisogno di una soluzione e pensavo che la stessimo trovando. Non so cosa succederà nella prossima settimana. Siamo in acque totalmente sconosciute”. Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia italiano: “Non è l’Europa che sta facendo fallire la Grecia, ma caso mai sono le scelte del governo greco che non sono a mio avviso adeguate alle necessità della Grecia”. Il ministro delle Finanze belga Johan Van Overtveldt: la scelta di indire un referendum sulle ultime proposte dei creditori mentre le trattative con i partner sono ancora in corso è ” dal mio punto di vista una scelta molto bizzarra”. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble: “Eravamo stati convocati per trovare una intesa. Ora che la Grecia ha lasciato il tavolo negoziale, non c’è più nulla di cui parlare se non delle conseguenze del loro gesto”. Il ministro delle Finanze finlandese Alexander Stubb: “Il Piano B si sta rapidamente trasformando nel Piano A”. Dietro alla posizione di ciascuno, si nascondono considerazioni politiche, ma anche sensibilità personali. In buona sostanza, c’è chi ha chiuso la porta ai negoziati con Atene, ma è pronto a riaprirla. Chi l’ha chiusa e non ha intenzione (per ora) di riaprirla. Chi invece la vuole lasciare assolutamente aperta. Tra questi i ciprioti e i francesi. Il ministro delle Finanze cipriota Harris Georgiades ha detto che il suo paese è pronto a cancellare il debito greco, pari a 330 milioni di euro. Sul fronte francese, la posizione è di frustrazione per l’atteggiamento greco ma dimostrando sempre una immagine conciliante. Il ministro delle Finanze socialista francese Michel Sapin ha detto: “Il destino della Grecia è di rimanere nella zona euro”. Ha aggiunto fin da sabato notte il commissario (francese) agli affari monetari Pierre Moscovici: “La porta ai negoziati non è chiusa”. In questi giorni i rappresentanti francesi sono parsi particolarmente preoccupati nel difendere la permanenza di Atene nella zona euro. Perché? I motivi sono tanti. Nel disordine: la Francia sa che un Grexit avrebbe un impatto negativo sui mercati; metterebbe in ginocchio la Grecia; imporrebbe ai partner europei comunque di aiutare finanziariamente Atene; penalizzerebbe l’immagine dell’unione monetaria; scombussolerebbe gli equilibri internazionali nel Mediterraneo. Vi è certamente lucidità nell’analisi francese. Parigi vuole anche dimostrare una benevolenza che altri non hanno. Ma curiosamente i francesi in queste settimane sono sembrati ripetutamente troppo ottimisti sull’andamento dei negoziati. Vi è quindi un altro aspetto che gioca in questo frangente. In una Francia divisa, fragile e souverainiste, un tracollo greco verrebbe utilizzato dal Front National e dal Front de Gauche per criticare le prospettive di integrazione europea, per rivangare nuove forme di nazionalismo, per sostenere che il loro euroscetticismo è giustificato dinanzi a una Europa poco solidale. A due anni dalle prossime elezioni presidenziali, una catastrofe greca rischierebbe di mettere in ulteriore difficoltà la maggioranza socialista del presidente François Hollande, in un contesto nel quale i sondaggi continuano a riflettere la forza dei partiti più estremisti o radicali. In questo momento, paradossalmente, il più forte alleato della Grecia in Europa sembra essere la Francia, oltre che la Commissione europea.
(Nella foto, il commissario agli affari monetari Pierre Moscovici e il ministro delle Finanze francese Michel Sapin in occasione di una ecente riunione dell’Eurogruppo)