Nel 2015 si voterà o si è votato in molti paesi della zona euro (cinque in tutto). In particolare si toccherà con mano la reale forza di alcuni partiti radicali. Alla fine di gennaio, il successo di Syriza in Grecia, con la nascita di un nuovo governo guidato dal premier Alexis Tsipras, è stato particolarmente evidente. In novembre si capirà meglio l’ambizione di Podemos in Spagna. Spesso questi movimenti sono definiti euroscettici, non perché vogliano necessariamente traghettare il loro paese fuori dalla zona euro, ma perché esigono una nuova politica economica. Criticano la strategia basata su riforme economiche e risanamento dei conti pubblici. In questi giorni, Syriza è il caso più emblematico. Il nuovo governo greco ha aperto un confronto acceso con i suoi partner, mettendo sul tavolo una riduzione del debito e nuove forme di aiuto finanziario meno invasive. Lo stesso fenomeno esiste in altri paesi, come in Italia dove il Movimento Cinque Stelle rappresenta il 20,8% delle intenzioni di voto (secondo l’ultimo sondaggio EMG). Questi movimenti raccolgono certamente l’insoddisfazione di quelle frange della popolazione che soffrono di più della situazione economica e che imputano all’euro, a torto o a ragione, la recessione economica. Tuttavia, molti di coloro che votano per Syriza in Grecia o per Podemos in Spagna, per Il M5S in Italia o per il Fronte Nazionale in Francia, non lo fanno solo per protestare contro la difficile situazione economica. Intendono respingere anche la corruzione della politica, il clientelismo della società, i cartelli delle grandi aziende, e più in generale la crisi delle istituzioni. Nella zona euro, il divario tra Nord e Sud non è più solo economico; è anche drammaticamente etico. Gli stessi paesi che soffrono di più della situazione economica, sono anche quelli che stanno assistendo a una drammatica deriva del loro tessuto morale. In Grecia, la corruzione del sistema economica e il familismo del mondo politico sono ormai secolari. La Spagna sta facendo i conti con una profonda corruzione dei partiti tradizionali; una crisi di credibilità della Monarchia; e le spinte separatiste della Catalogna. In Francia, uno dei principali partiti politici – il neogollista UMP – è alle prese con un grave scandalo di fondi neri; numerosi esponenti politici sono stati coinvolti in controverse vicende fiscali; il ruolo del presidente della Repubblica, così come tratteggiato dalla Costituzione del 1958, è fortemente indebolito; la politica di assimilazione dello straniero è in crisi. L’Italia da tempo soffre di instabilità politica, conflitti d’interesse, oltre che di corruzione, familismo e criminalità. Al di là delle ultime vicende mafiose nella capitale, l’ultimo scandalo romano, l’assenza per malattia dell’85% dei vigili urbani il giorno di capodanno, è il riflesso del clientelismo della società italiana. Se i vigili urbani di Roma hanno scelto di disertare il posto di lavoro è perché sanno che il paese non premia né il merito né la produttività, e di conseguenza – nel contesto di un do ut des nazionale – non li punirà. Questa situazione morale non è banale. Tra le altre cose, indebolisce la posizione di questi paesi nei confronti dei loro partner del Nord quando chiedono tagli del debito, sostegno economico, magnanimità sulle regole di bilancio, comprensione sul fronte delle riforme, o aiuto per combattere l’immigrazione clandestina. La Germania, e con essa altri stati del Nord Europa, è evidentemente preoccupata dall’emergere di movimenti protestatari nel Sud Europa. Al tempo stesso, può essere convinta da chi attribuisce la forza di questi partiti alle sole politiche economiche europee ritenute sbagliate? E soprattutto, ha proprio torto quando collega lo sconquasso economico di questi paesi anche alla loro crisi politica, istituzionale e morale più che solo alla debolezza intrinseca della loro congiuntura? Anche per questo motivo, la promessa di Tsipras di mettere la lotta alla corruzione in cima alle sue priorità sarà attesa al varco.
(Nella foto, Alexis Tsipras, leader di Syriza e primo ministro greco mentre presenta domenica 8 febbraio in Parlamento ad Atene il programma del suo nuovo governo)