Lo storico ed economista francese Olivier Berruyer ha pubblicato di recente sul blog les-crises.fr una provocatoria cartina dell’Europa intitolata Il nuovo impero tedesco. Alcuni paesi come l’Olanda, l’Austria, la Svizzera o il Belgio sono considerati facenti parte dello “spazio tedesco diretto”. La Francia avrebbe accettato “una servitù volontaria”. L’Italia, la Spagna, la Grecia e il Portogallo sarebbero “dominati di fatto”. La Polonia è ritenuta “un satellite russofobo”. Come l’Italia, anche se meno del nostro paese, la Francia è attraversata da un sentimento anti-tedesco a cui ha contribuito la crisi economica di questi ultimi anni, e le posizioni ritenute spesso intransigenti della Germania nel gestire lo sconquasso debitorio. Alcuni commentatori hanno parlato di paese egemone. Altri di paese euroscettico. La Repubblica Federale è accusata di avere strangolato l’economia dei suoi vicini perseguendo l’austerità; di aver provocato un forte aumento della disoccupazione in molti paesi; di godere di tassi d’interesse bassissimi rispetto a quelli medi europei; di vendere senza consumare, contribuendo alla recessione di molti stati membri. Insomma, il paese domina i suoi vicini. Come spiegare allora che nelle scelte della Banca centrale europea sta accettando il volere della maggioranza ? All’inizio del mese, il consiglio direttivo della BCE ha abbassato nuovamente i tassi d’interesse, portando quello di riferimento allo 0,05% e ha annunciato un programma di acquisto di titoli garantiti. Il presidente dell’istituto monetario Mario Draghi ha spiegato che la decisione è stata presa da “una comoda maggioranza”. Non quindi all’unanimità. Alcuni banchieri centrali hanno votato contro, tra cui molto probabilmente il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Lo stesso Weidmann si era rifiutato nel 2012 di approvare il piano di riacquisto di debito pubblico (Outright Monetary Transactions in inglese), finora mai utilizzato. Nel 2011, due banchieri centrali tedeschi – l’allora presidente della Bundesbank Axel Weber e l’allora membro del comitato esecutivo della BCE Juergen Stark – si dimisero dinanzi alla scelta del consiglio direttivo di acquistare debito pubblico pur di calmare le tensioni sui mercati finanziari. Alla BCE, la Germania accetta il volere della maggioranza, nonostante paure di inflazione, di monetizzazione del debito, di instabilità finanziaria. Il livello dei tassi d’interesse nella zona euro è bassissimo rispetto alle necessità dell’economia tedesca, che nonostante il recente rallentamento rimane relativamente solida. Le compagnie assicurative tedesche protestano perché in molti casi hanno convenuto di garantire agli sottoscrittori un tasso d’interesse ben più elevato di quello attualmente in vigore. In alcune città tedesche, i prezzi delle abitazioni è salito in modo preoccupante: c’è il rischio di bolla immobiliare. Poco importa se l’opposizione della Bundesbank al Consiglio direttivo è un gioco delle parti: mentre la banca centrale fa la voce grossa, il governo probabilmente in privato ha dato il suo accordo sia ai tagli dei tassi d’interesse che alle operazioni di acquisto di titoli sul mercato. Formalmente la Germania è pronta ad accettare la scelta della maggioranza in seno alla Bce, l’istituzione nata a immagine e somiglianza della sua banca centrale europea. Il tutto sta avvenendo in un momento politico delicatissimo nella Repubblica Federale. L’Alternative für Deutschland, il partito conservatore che sta strappando voti ai liberali e ai democristiani cavalcando un certo euroscetticismo, è entrato nel parlamento regionale della Sassonia, e potrebbe presto fare altrettanto in Turingia e nel Brandeburgo. Ormai nei sondaggi nazionali oscilla intorno al 6-8% dei voti. All’inizio dell’anno, poi, la Corte costituzionale ha pubblicato una sentenza salomonica sul programma OMT, definendolo in contrasto con i Trattati ma rinviando la decisione finale alla Corte europea di Giustizia. In cuor loro, moltissimi tedeschi, probabilmente una netta maggioranza, non sono convinti del modo in cui la zona euro è nata (una moneta comune, molti bilanci nazionali) ed è preoccupata da molte delle misure prese per ovviare alla crisi (acquisti di titoli, tassi bassissimi, prestiti nazionali). Ciononostante, la Repubblica Federale accetta di giocare secondo le regole della BCE, malgrado sia di gran lunga il paese più popoloso, più ricco, più potente d’Europa. Per molti aspetti, a me sembra che la Germania si dimostri in fondo ben più europeista di molti altri paesi che amano dichiararsi, spesso enfaticamente, tali.
(Nella foto, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann insieme al cancelliere Angela Merkel)
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