Il presidente designato della Commissione europea dovrebbe presentare questa settimana il nuovo esecutivo comunitario. Lo sguardo degli osservatori sarà tutto rivolto alla distribuzione dei portafogli. Sarà altrettanto interessante, se non più interessante, capire la struttura che Jean-Claude Juncker avrà dato alla nuova compagine. L’idea è di avere una serie di vice presidenti di area (da cinque a sette), ciascuno responsabile delle diverse priorità della nuova Commissione (economia digitale, unione energetica, riforma della zona euro etc) e ciascuno responsabile del lavoro di coordinamento di alcuni commissari. L’obiettivo è l’efficienza e la trasparenza. Non è ancora chiaro, tuttavia, come sarà organizzato il rapporto tra commissari e vice presidenti, e soprattutto come avverrà il rapporto tra le diverse istituzioni europee. Fa notare un alto responsabile europeo: “Sarà interessante capire se il singolo commissario avrà il controllo delle direzioni generali della sua area di competenza. In secondo luogo, bisognerà capire chi gestirà il rapporto con il Parlamento e il Consiglio. Sarà il commissario o il vice presidente di riferimento a incontrare deputati e ministri? Non sono nodi banali, perché dalla soluzione di questi aspetti si capirà la reale autonomia dei commissari e la reale capacità del presidente di imporre la sua volontà e di perseguire le sue priorità attraverso i vice presidenti”. La nuova compagine comunitaria è composta da nove donne e 19 uomini. I Popolari sono 13, i Socialisti 8, i Liberali 6, a cui si aggiunge un solo Conservatore, l’inglese Jonathan Hill. Ancor più interessante è la provenienza di queste persone. Cinque sono ex premier (il lussemburghese Juncker, il finlandese Jyrki Katainen, l’estone Andrus Ansip, la slovena Alenka Bratusek, il lettone Valdis Dombrovskis), ma soprattutto 11 sono ministri o esponenti di governo attualmente in carica, che lasciano l’esecutivo nazionale per assumere una carica europea. C’è il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini, ma anche il ministro delle Finanze danese Margrethe Vestager, il ministro degli Esteri olandese Frans Timmermans, il ministro della Difesa greco Dimitris Avramopoulos. Ad avere fatto la scelta di mandare un ministro in carica sono – oltre all’Italia, alla Danimarca, all’Olanda, e alla Grecia – anche il Portogallo, l’Irlanda, l’Ungheria, Malta, la Repubblica Ceca, la Lituania e la Polonia (che ha nominato la vice premier Elzbieta Bienkowska). Aveva detto Juncker a Strasburgo in luglio, parlando dinanzi al Parlamento: “Voglio una Commissione che sia politica, più politica. Sarà molto politica”. L’impegno, evidentemente, è stato preso sul serio. In un momento in cui l’Unione è pericolosamente in bilico tra integrazione e disintegrazione (non solo per via della crisi debitoria, ma anche a causa dei rancori crescenti che fette importanti della società europea nutrono nei confronti di Bruxelles), i governi vogliono essere rappresentati nella Commissione oltre che con persone di fiducia anche con esponenti in vista. Ultima annotazione, a chi interessa: l’età media della nuova Commissione è di 54 anni. L’esponente più giovane è la signora Mogherini; quello più anziano è lo spagnolo Miguel Arias Cañete.
(Nella foto, il presidente designato della Commissione europea Jean-Claude Juncker, 59 anni)
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