Sono gli attivi bancari la vera preoccupazione dei mercati – 15/09/13

VILNIUS – Lentamente, l'establishment europeo si sta arrendendo all'idea che l'uscita dalla crisi finanziaria passa anche da un risanamento dei conti bancari politicamente molto delicato. Il confronto con la situazione delle banche americane è cruciale per capire anche il ritardo dell'Europa nel vincere le sfide dello sconquasso economico. La differenza non è tanto nei livelli di capitalizzazione degli istituti di credito, quanto nel perdurante scetticismo degli investitori nei confronti della qualità degli attivi bancari europei.

A fare una
analisi dello stato di salute degli istituti di credito davanti ai
ministri delle Finanze riuniti a Vilnius è stato ieri Andrea Enria, il
presidente dell'Autorità bancaria europea. «I fondi d'investimenti
stanno uscendo dagli emergenti e sono pronti a investire in Europa –
spiega Enria a margine dell'Ecofin -. È cruciale rassicurarli sulla
qualità degli attivi bancari, per indurli a investire nelle banche
europee. Nuovi investimenti ridurebbero i costi di finanziamento degli
istituti, così da favorire finalmente i flussi di credito all'economia».
Non è vero che le banche americane siano più capitalizzate di quelle
europee. Il livello medio di Core Tier 1 degli istituti europei più
grandi è di circa l'11%, in linea con il livello americano. Le banche
europee possono contare su un cuscinetto finanziario (capitale superiore
al 9% del Core Tier 1) pari a oltre 200 miliardi di euro. Tra il 2008
ed oggi, le prime 20 banche europee hanno aumentato il Tier 1 di 290
miliardi di euro (170 miliardi l'aumento delle prime 20 banche
americane).
«Il problema – precisa il presidente dell'Eba – è che
l'aggiustamento effettuato dalle banche europee non è ancora considerato
completamente credibile. C'è ancora una mancanza di fiducia che si
riflette nelle valutazioni azionarie delle banche europee». Il nodo non è
il capitale, ma gli attivi. Il mercato non si fida né delle valutazioni
sulle attività ponderate per il rischio, né della qualità degli attivi
bancari.
«Gli investitori – spiega Enria – temono perdite nascoste e
valutazioni non sufficientemente prudenti. La trasparenza è ancora
insufficiente, soprattutto perché in Europa fino ad oggi non abbiamo
avuto criteri e indicatori veramente comparabili sulla qualità degli
attivi». Ecco perché gli investitori sono freddi ad investire nelle
banche europee. Queste ultime soffrono quindi di costi di finanziamento
elevati, che di converso contribuiscono a penalizzare il credito
all'economia.
Mentre in Europa le autorità hanno più spesso
protetto i campioni nazionali, accettando un aggiustamento più graduale,
che però ha portato anche a un prolungato rallentamento dei flussi di
credito, negli Usa hanno permesso alle banche di vendere gli attivi
tossici, ripulendo i bilanci. L'analisi che Enria ha fatto ieri ai
ministri conferma l'urgenza dell'attesa valutazione dei bilanci bancari
da parte della Banca centrale europea. L'esercizio sarà tanto più efficace se la politica
non si metterà ancora di traverso. B.R.