In almeno due circostanze recenti, Angela Merkel è uscita allo scoperto, ostacolando iniziative comunitarie che avrebbero potuto penalizzare l'industria automobilistica tedesca. Qualche giorno fa, il cancelliere tedesco ha bloccato il passaggio finale di un pacchetto legislativo che avrebbe dovuto introdurre nuovi limiti molto severi alle emissioni nocive delle automobili, punitive per i potenti veicoli tedeschi. In precedenza, la Germania aveva fatto capire alla Commissione di essere contraria a una guerra commerciale con la Cina sui pannelli solari, preoccupata di essere vittima di ritorsioni nel grande mercato asiatico. L'esecutivo comunitario aveva appena annunciato misure anti-dumping contro i prodotti cinesi. Alla luce della decisione della Commissione di affrontare quindi la questione con la mano leggera, il deputato europeo ed ecologista francese Yannick Jadot è sbottato: "La signora Merkel ha sacrificato a Pechino la nostra industria del fotovoltaico per venderle Mercedes e macchine utensili". La presa di posizione è schietta, ma non lontana dalla verità. Nei due casi, le case automobilistiche hanno avuto un ruolo decisivo. Si sa, il settore è particolarmente importante per l'economia tedesca. In Germania verranno costruite quest'anno circa 5,4 milioni di auto, pari a metà della produzione di tutta l'Europa occidentale. Il settore è un volano economico, una passione sociale, un potere politico. Prima di tutto, c'è l'amore dei tedeschi per la tecnica e la velocità. Ne sa qualcosa il leader del partito socialdemocratico Sigmar Gabriel, che in primavera si è detto favorevole ad adottare limiti di velocità sulle autostrade tedesche. Le critiche sono state immediate; la popolarità di Gabriel è crollata. D'altro canto, l'ADAC, l'automobile club tedesco, conta oltre 18,5 milioni di membri. Il lavaggio dell'auto il sabato mattina, il cambio dei pneumatici in inverno, il tagliando a scadenza annuale non sono incombenze pratiche; sono i passatempi del tedesco modello. Secondo la società di ricerca di mercato Nielsen, nel 2012 un tedesco su dieci ha visitato almeno una volta il sito internet di una delle cinque case automobilistiche del paese. Tutti i giornali poi hanno pagine specializzate sull'automobilismo. Più in generale, l'industria tedesca dell'auto è un protagonista della società che nessuna personalità politica in Germania può ignorare, tanto meno in un anno di elezioni e a due mesi dal prossimo voto di settembre.
Nello stesso modo in cui il presidente francese visiterà ogni anno la Foire de l'Agriculture di Parigi per rendere merito alla lobby agricola, il cancelliere tedesco si recherà alla Automesse di Francoforte per assicurarsi i voti dell'industria dell'auto e di milioni di cittadini tedeschi. D'altro canto, mentre in Italia o negli Stati Uniti, le capitali dell'auto sono una – Torino e Detroit – in Germania sono almeno cinque. Stoccarda è la sede di Daimler, Wolfsburg di Volkswagen, Monaco di BMW, Ingolstadt di Audi, Rüsselsheim di Opel. In queste città, le case automobilistiche danno lavoro, finanziano scuole e fondazioni, sostengono la vita culturale e le attività economiche dell'intera regione. Le aziende automobilistiche tedesche contano 800mila lavoratori nella Repubblica Federale, senza tenere conto delle centinaia di aziende fornitrici. C'è di più. Tra le 15 maggiori società mondiali del settore, BMW è quella che ha speso di più in pubblicità nel 2012 – 1.717 dollari per auto, sempre secondo Nielsen. In termini assoluti, tra gennaio e aprile 2012, la crescita della pubblicità delle case automobilistiche tedesche su internet è stata dell'80,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. In Germania, gruppi automobilistici sono di gran lunga, fino al 40% del totale, i maggiori investitori in ricerca e sviluppo. Sorprende a questo punto l'influenza politica del settore auto? Volkswagen è un caso a sé: il Land della Bassa Sassonia ha una quota importante del capitale nella società fondata negli anni 30. Ma anche in altre aziende il rapporto con la politica è particolarmente stretto. In maggio, il segretario di stato alla Cancelleria, il deputato democristiano Eckart von Klaeden, è diventato responsabile dei rapporti istituzionali di Daimler. In Baviera, la BMW è una istituzione vicina al partito cristiano-sociale (CSU). E naturalmente, non è un caso se le automobili della polizia dell'Assia, la regione di Rüsselsheim, sono tutte della marca Opel. Proprio Opel è stata oggetto di una memorabile battaglia tra Fiat e Magna nel 2009. Dinanzi alle preoccupazioni dei dipendenti alla possibilità di cadere nell'orbita italiana, la signora Merkel non ha esitato a favorire la società austro-canadese, anche se poi Opel è rimasta nelle mani di General Motors. E' lecito chiedersi se nei fatti il cancelliere tedesco, quale esso sia, non sia in qualche modo ostaggio dell'industria dell'auto, soprattutto a ridosso delle consultazioni elettorali. Alla fine dell’Ottocento, l'imperatore Guglielmo II accolse la creazione della prima automobile per mano di Karl Benz e Gottlieb Daimler con un’alzata di spalle: «Io credo al cavallo. L’automobile è solo un fenomeno temporaneo». Evidentemente, non è l'interpretazione dei suoi successori alla guida della Germania.
(Nella foto, il cancelliere Angela Merkel visita la fiera dell'auto di Francoforte nel 2011)
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