BRUXELLES – Gilles de Kerchove è il coordinatore europeo dell'anti-terrorismo. A 56 anni, il suo compito è promuovere una strategia tra i 27. Interpellato dopo l'intervento francese in Mali e l'attacco terroristico in Algeria, la sua analisi si sofferma sulle norme europee relative alla protezione delle infrastrutture (ancora insufficienti) e sui legami tra crisi libica e maliana. Sottolinea poi la necessità di gestire in modo responsabile gli archivi governativi nei Paesi della primavera araba, ricordando la lezione tedesca post-unificazione.
A tre anni dall'ondata di rivolte popolari che hanno sconvolto il
Maghreb, la regione continua a essere segnata da evidente instabilità.
Molte imprese che nel Nordafrica hanno costruito stabilimenti produttivi
e impianti petroliferi sono preoccupate. Spiega Kerchove: «I Paesi
delle primavere arabe sono ancora evidentemente in una fase di
transizione. Sappiamo purtroppo di molti giovani libici, tunisini,
egiziani che stanno combattendo in Siria. Dobbiamo quindi chiederci se
abbiamo fatto a sufficienza in termini di sicurezza in questi Paesi».
Aggiunge l'alto funzionario, riferendosi all'attacco di In Amenas: «È la
prima volta in dieci anni che vengono presi di mira gasdotti. Non posso
dire che non ci aspettavamo attacchi di questo tipo, ma non avevamo
considerato le infrastrutture algerine come un obiettivo primario».
Negli ultimi anni, l'Unione ha rafforzato il coordinamento tra i 27
attraverso il mandato di cattura europeo, il rafforzamento dell'Europol,
la nascita dell'Eurojust, la direttiva sul riciclaggio del denaro
sporco, la raccolta dei dati sui passeggeri aerei. E nella protezione
delle infrastrutture?
L'Europa, risponde Kerchove, «deve ora chiedersi se è ben preparata» in
questo campo. «Vi sono testi legislativi che prevedono la collaborazione
tra i diversi servizi nazionali. Proprio tra qualche settimana ci sarà
una esercitazione su grande scala – 8-10 diversi attacchi terroristici
in Europa – che servirà a verificare la preparazione dei servizi
nazionali a risolvere problemi di questo tipo e a collaborare tra loro.
C'è una legislazione europea sulla protezione delle infrastrutture, ma
ammetto che ha dato risultati mitigati e che dobbiamo migliorarla».
Quanto alla Libia, ha influenzato gli eventi in Mali? «La crisi libica
ha probabilmente esacerbato la situazione nel Sahel, contribuendo alla
crisi oggi in Mali. Mercenari provenienti dalla Libia hanno rafforzato
le file dei terroristi in questo Paese. Un terzo di questi sono radicali
religiosi, pronti a morire per la loro causa; due terzi hanno invece
motivi più opportunistici. Detto ciò, dobbiamo sapere che i gruppi
terroristici nel Sahel sono cresciuti in importanza soprattutto a causa
della mancanza di un vero e proprio Stato in Mali».
A questo proposito, Kerchove ammette che vi sono cittadini europei
attirati dal terrorismo islamico. «In passato queste persone si recavano
in Afghanistan e in Pakistan, poi in Yemen. Oggi il loro obiettivo sono
la Siria, il Nordafrica, il Sahel». In questo senso, l'intervento
francese in Mali, pur necessario, non è sufficiente: «Dobbiamo lavorare
su un migliore governo del Paese, sul suo sviluppo economico. Sul futuro
del Mali, le posso dire che secondo me sarà essenziale preservare
l'integrità del territorio, anche se il governo dovrà immaginare una
qualche forma di federalismo».
Infine, l'alto funzionario trae una lezione più generale
dell'instabilità politica che ancora scuote il Nordafrica. Ed è una
lezione tedesca: «Un aspetto chiave in questi paesi – conclude Kerchove –
è la gestione degli archivi governativi, che possono essere utilizzati
per ricattare le persone, rallentare il processo riformatore, frenare
l'arrivo di una nuova classe dirigente. Al momento dell'unificazione, la
Germania riuscì a gestire il problema con molta serietà, e forse non è
un caso se il nuovo presidente della Repubblica Joachim Gauck gestì gli
archivi della Stasi negli anni 90». B.R.