Nel suo discorso di investitura alla corsa presidenziale questa settimana a Tampa (Florida) il candidato repubblicano Mitt Romney non ha parlato dell'euro e della crisi debitoria in Europa. Eppure, la situazione europea sta preoccupando moltissimo l'establishment americano. In un anno elettorale questi timori influenzeranno le scelte europee, almeno nella tempistica. "Le pressioni americane perché venga trovata una soluzione durevole sono tantissime – spiega un diplomatico europeo -. Giungono da tutti i fronti: la Casa Bianca, il Tesoro e anche la Riserva Federale". Qualche giorno fa un banchiere centrale confidava la frustrazione americana nei confronti della Germania, che agli occhi di molti ostacolerebbe scelte urgenti, come l'acquisto di obbligazioni pubbliche da parte della Banca centrale europea. Questa settimana il giornale economico belga L'Echo ha effettuato un sondaggio di economisti europei ed americani utilizzando il sito SurveyMonckey, che permette mini studi demoscopici online. Il 50% degli analisti americani sostiene che l'Europa "è sull'orlo del baratro". Solo il 10% degli economisti europei è di questo avviso. Europei e americani credono che la Grecia uscirà probabilmente dalla zona euro a un certo punto nei prossimi 12 mesi. Sei americani su 10 si aspettano che l'uscita greca comporterà l'esplusione di altri paesi. Solo due europei su 10 condividono questa visione delle cose. L'opinione prevalente oltre Oceano è che la zona euro sia stata ideata con troppi difetti strutturali e che senza una forte integrazione l'unione sia votata a una fine anche drammatica. Questa lettura degli avvenimenti ha indotto molti investitori non europei ha vendere attività finanziarie in Europa.
Secondo una ricerca del centro-studi Bruegel, che ha appena messo a punto una banca dati per seguire questo specifico aspetto, nel corso del 2011 la quota di debito italiano in mani di banche non italiane è sceso dal 50 al 40% circa. In Spagna la percentuale è scesa al 30%. Parlando della moneta unica in una intervista pubblicata questa settimana dal settimanale francese L'Express, l'economista americano Paul Krugman accusa l'establishment di aver perseguito un'idea "romantica". Riferendosi alla Grecia spiega: "Non vedo come questo paese possa rimanere nell'euro. È praticamente impossibile". Segnato dall'esperienza americana, Krugman è tra coloro che non capiscono come un'area monetaria senza la piena mobilità dei lavoratori possa sopravvivere; critica nel contempo la politica di austerità perseguita finora pur di calmare i mercati finanziari. In questo contesto, l'establishment americano è preoccupato dagli avvenimenti europei, e dall'impatto che potrebbero avere sull'economia mondiale. A ridosso delle elezioni di novembre, la Casa Bianca sta facendo pressione prima di tutto perché l'Europa si affretti a trovare soluzioni durevoli alla crisi debitoria, e comunque perché nulla di irreparabile–per esempio l'uscita della Grecia dalla zona euro–avvenga prima del 6 novembre, quando gli americani voteranno. I capi di stato e di governo dell'Unione dovranno decidere nel consiglio europeo previsto il 18-19 ottobre se garantire nuovo denaro alla Grecia e valutare la richiesta di Atene di avere più tempo per rimborsare i prestiti europei. C'è chi teme due No, ma si deve presumere in realtà che almeno in quella occasione i 17 non potranno ignorare le pressioni internazionali.
(Nella foto, Mitt Romney, il candidato repubblicano alla presidenza americana durante la convention di questa settimana a Tampa, Florida)
NB: Dal fronte di Bruxelles (ex GermaniE) è anche su Facebook