Ora che François Hollande è stato eletto presidente della Repubblica lo sguardo corre al destino del fiscal compact, l'accordo intergovernativo di disciplina dei conti pubblici firmato in marzo da 25 paesi europei su 27. Finora, appena tre paesi lo hanno ratificato – la Grecia, il Portogallo e la Slovenia. Il trattato riprende a grandi linee le recenti riforme del patto di stabilità e di crescita. L'aggiunta di peso è l'impegno dei paesi firmatari a inserire nella propria legislazione l'obbligo del pareggio di bilancio. Il nuovo capo dello stato francese ha fatto campagna elettorale affermando di non voler approvare il fiscal compact senza cambiamenti, senza che venga messo l'accento sul rilancio dell'economia: "Il giorno dopo il voto, se sono eletto, scriverò ai capi di stato e e di governo degli altri paesi dell'Unione con l'obiettivo di rinegoziare il trattato", ha spiegato il 26 aprile scorso Hollande, che ha promesso di rendere visita al cancelliere Angela Merkel a brevissimo. Questa sera salutando i suoi elettori ha aggiunto che "l'austerità non può essere una fatalità in Europa". A 15 anni di distanza la posizione di Hollande ricorda curiosamente quella di Lionel Jospin nei confronti del patto di stabilità e di crescita. Era il 1997. Il voto alle legislative aveva premiato il partito socialista, e Jospin era stato quindi nominato primo ministro dall'allora presidente neogollista Jacques Chirac. Preparando l'avvento dell'euro i paesi dell'Unione avevano messo a punto il patto di stabilità, il trattato che doveva assicurare il controllo reciproco dei conti pubblici nazionali. In campagna elettorale, lo stesso Jospin aveva affermato: "E' una concessione assurdamente fatta ai tedeschi o ad alcuni ambienti tedeschi. Non ho alcun motivo per sentirmi impegnato da questo testo". Ecco un breve ritorno su quel periodo.
Una volta eletto, il nuovo governo socialista dà battaglia a livello europeo per modificare il patto, pressoché messo a punto nel dicembre 1996 a Dublino (negoziato per parte francese dal premier conservatore Alain Juppé), e introdurvi il concetto di "governo economico". A Lussemburgo il 9 giugno 1997, in occasione di un Ecofin, l'allora ministro delle Finanze Dominique Strauss-Kahn afferma pubblicamente e laconicamente: "Non mi è possibile dare l'accordo sul testo del nuovo patto di stabilità e di crescita". Notando l'obbligo sancito nel patto ad avere bilanci in buona salute, Strauss-Kahn aggiunge: "Non conviene appoggiarci solo su questo pilastro per mettere a punto una coerente politica di crescita". I partner europei si aspettavano che il cambio di maggioranza a Parigi avrebbe provocato cambiamenti nella politica europea della Francia, nonostante la continua presenza di Chirac alla guida del paese, ma non pensavano a un esito così travolgente. Jospin è convinto che sia necessario "un governo economico" che ribadisca il primato della politica sui "tecnocrati del denaro", vale a dire i banchieri centrali. Il mese di giugno del 1997 è segnato dal confronto franco-tedesco. La Francia di Jospin chiede l'istituzione dell'Eurogruppo (a fianco dell'Ecofin), la tenuta di un vertice tutto dedicato all'occupazione, la nascita di "un fondo europeo della crescita", e di "misure specifiche per aiutare la creazione di posti di lavoro". La Germania del cancelliere Helmut Kohl e del ministro delle Finanze Theo Waigel reagisce male alle nuove richieste francesi: teme l'interventismo pubblico nell'economia e un indebolimento dell'indipendenza della futura Banca centrale europea. Inizia quindi una serrata trattativa: entro fine giugno è infatti previsto il consiglio europeo che deve dare il via libero al nuovo patto perché l'euro possa vedere la luce all'inizio del 1999. I contatti si moltiplicano, anche al vertice. Finalmente, lunedì 16 giugno ad Amsterdam, i ministri finanziari dell'Unione (allora erano 15, oggi sono 27) trovano un accordo. Chi vi ha partecipato ricorda che la conversazione si svolse in inglese perché a causa della fretta non era stato possibile offrire un servizio di interpreti. La Francia ottiene un vertice sull'occupazione, l'applicazione anticipata del capitolo sociale contenuto nel Trattato di Amsterdam, un maggiore coordinamento delle politiche economiche attraverso la nascita dell'Eurogruppo, un organismo malgrado tutto informale. In pochi giorni Jospin era stato costretto ad abbandonare le sue richieste più controverse. Non so quanto le due situazioni siano confrontabili, anche se è curioso notare come a 15 anni di distanza il dibattito europeo sembra essere cambiato relativamente poco. Come minimo gli equilibri politici a Parigi sono diversi nel 2012 rispetto al 1997: ieri Jospin doveva convivere con un presidente neogollista, responsabile in ultima analisi della politica estera del paese; oggi Hollande è in una posizione di forza (ammesso che venga premiato dalle prossime legislative). Una lezione da trarre è forse che il tono della campagna elettorale non è quello che spesso lo stesso uomo politico deve poi assumere quando si è finalmente insediato.
(Nella foto, Lionel Jospin e Helmut Kohl, a destra. Il primo fu premier francese dal 1997 al 2002; il secondo fu cancelliere tedesco dal 1982 al 1998)
NB: Dal fronte di Bruxelles (ex GermaniE) è anche su Facebook