BRUXELLES – C'è un Paese del Nord Europa che in questi mesi ha avuto ripetutamente posizioni inconciliabili, o quasi. Non la Germania, e neppure la Finlandia. Bensì l'Olanda: sul salvataggio della Grecia, sulla necessità di regole di bilancio rigidissime, sull'allargamento dello spazio Schengen, sull'opportunità di risanare i conti pubblici, il Governo olandese ha battuto il pugno sul tavolo, bloccato compromessi dell'ultima ora, tenuto in sospeso fino all'ultimo il destino della zona euro.
Il Paese della tolleranza – Descartes definiva Amsterdam «l'invenzione del possibile», quattro secoli prima che diventasse il paradiso delle droghe e dei matrimoni gay – si sta dimostrando paradossalmente inflessibile. È colpa, si dice, di Geert Wilders, il leader populista che sostiene dall'esterno il Governo di centro-destra, tenendo di fatto in ostaggio la politica nazionale. In realtà, le posizioni olandesi in Europa trovano le loro radici nella storia di un Paese che incrocia calvinismo e globalizzazione.
A dimostrarlo sono anche i difficilissimi negoziati di queste settimane all'interno del Governo: in ballo è la deriva dei conti pubblici. Mentre Wilders si oppone a nuovi tagli di bilancio, il premier Mark Rutte non vuole abbandonare gli obiettivi di finanza pubblica. La partita è interessante, e non solo perché l'ombra del populismo olandese si proietta su altri Stati membri dell'Unione. In fondo, il braccio di ferro mette a confronto le idiosincrasie di un Paese.
Troppo spesso si considerano gli olandesi la lunga mano dei tedeschi nei negoziati europei. È una visione riduttiva e semplicistica. Spiega da Amersfoort James Kennedy, storico dell'Università di Amsterdam: «Gli olandesi hanno paura del caos. Il caso greco, ma anche le ripetute violazioni del Patto di stabilità così come del Trattato di Schengen, sono vissuti come tanti traumi. Storicamente, il popolo olandese non può fare a meno di regole rigide. Di mezzo c'è la storia ma anche la geografia».
Kennedy ricorda la densità della popolazione, elevatissima, e nota che una parte del territorio è stata conquistata sul mare: «Solo regolando la convivenza è possibile gestirla». Inoltre, non c'è Paese che sia così esposto ai venti della globalizzazione dai tempi del Gouden Eeuw, il Secolo d'Oro. Il giurista Hugo Grotius ha inventato il moderno diritto internazionale: ieri come oggi i trattati servono a garantire la libertà del commercio, ma anche a proteggere una piccola nazione dai soprusi dei grandi Paesi.
In molti Stati membri la crisi ha provocato il rafforzamento di partiti nazionalisti. In Olanda Wilders raccoglie l'insoddisfazione della classe media che in questi anni si è impoverita, ma anche le paure di molti olandesi per un'Europa che tradisce le regole. Dietro alla decisione dell'Aja di bloccare l'ingresso di Romania e Bulgaria nell'area Schengen non c'è solo la xenofobia di alcune frange della popolazione, ma anche il malcontento per il modo in cui il trattato è stato applicato.
A sorpresa nelle ultime riunioni europee l'Olanda ha voluto il rafforzamento del firewall finanziario, lo scudo anticrisi. Complici le recenti difficoltà di bilancio, si è ammorbidita, ma la sua è tattica più che sostanza. Nessuno a Bruxelles ha dimenticato che, durante le trattative per evitare il tracollo della Grecia, l'Olanda era tra i Paesi che hanno chiesto ai partiti di firmare una lettera di impegni. C'è chi avrebbe preteso anche la firma del partito comunista (prima di scoprire che il KKE è visceralmente euroscettico).
Tollerante quando si tratta della libertà di opinione. Intollerante dinanzi alla violazione della legge. L'Olanda oscilla tra questi due poli. D'altro canto, la fine della Guerra fredda ha permesso al Paese di rafforzarsi sui grandi mercati mondiali, mentre l'allargamento a 27 ha annacquato la sua influenza nell'Unione. Forse anche questo spiega le posizioni estremiste al tavolo europeo. «Troppo piccola per un tovagliolo. Troppo grande per una tovaglia», dice un proverbio olandese.
Paul Schnabel, il direttore del Sociaal en Cultureel Planbureau, un ente pubblico dell'Aja che ha il compito di consigliare il Governo sui grandi temi sociali e culturali, preferisce calare la questione olandese in un contesto più ampio: «Wilders rappresenta una minoranza, ma è anche vero che in Olanda come in altri Paesi europei, e forse anche negli Stati Uniti, stiamo assistendo a una transizione importante: da un tradizionale progressismo a un moderno conservatorismo».
L'Aja sostiene che nel chiedere il rispetto delle regole dimostra di essere più europeista dei suoi vicini. «I partiti conoscono i limiti delle posizioni estremiste sull'Europa», rassicura Kennedy. Il futuro però riserverà nuovi test, a cominciare dal risanamento dei conti pubblici olandesi. Il Paese è alla ricerca di un compromesso tra Rutte, che si sente vincolato dagli impegni di bilancio, e Wilders che invece pesca nelle pieghe di un elettorato incattivito anche dalla sensazione che i partner europei non rispettino i patti.
B.R.