Il presidente dell'Eurogruppo, il ministro delle Finanze e premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, ha annunciato la settimana scorsa di non vuole succedere a se stesso. Ormai alla guida dell'Eurogruppo dal 2005, Juncker è visibilmente stanco, soprattutto dopo tre anni di crisi debitoria, riunioni notturne e teleconferenza d'emergenza. Il suo mandato scade in estate. La partita è difficile per almeno due motivi. Prima di tutto perché trovare un sostituto che sia versatile quanto l'attuale presidente del consesso informale che riunisce i ministri finanziari della zona euro, non è cosa da poco: il leader lussemburghese parla perfettamente francese, tedesco e inglese, e proviene da un piccolo paese incuneato tra Francia e Germania. Quanti altri esponenti dell'establishment europeo raggruppano queste caratteristiche? L'altro aspetto che rende la scelta complicata è il ruolo da affidare al presidente dell'Eurogruppo. I piccoli paesi sostengono che la presidenza dell'Eurogruppo deve essere autorevole, un po' per limitare lo strapotere dei paesi più grandi, e un po' difendere il consesso dall'ingombrante presenza del Consiglio della zona euro, di cui è neo-presidente Herman Van Rompuy, alla guida anche del Consiglio europeo. Mentre lo stesso Juncker vorrebbe un presidente dell'Eurogruppo "a tempo pieno" pur di difendere l'importanza dell'Eurogruppo, altri esponenti brussellesi respingono questa ipotesi, per paura di contribuire alla cacofonia europea. Uno dei nomi emersi finora è quello del primo ministro ed ex ministro delle Finanze finlandese Jyrki Katainen. Ma la sua eventuale nomina è compatibile con la presenza di un commissario agli affari monetari della stessa nazionalità, Olli Rehn? Voci indicano come alternativa Wolfgang Schäuble, l'attuale ministro delle Finanze tedesco.
La partita si preannuncia difficile, tutta imbastita sulla necessità di rispettare delicati equilibri nazionali. Alla questione dell'Eurogruppo si aggiungono le nomine alla Banca centrale europea, alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e al fondo di stabilità ESM. Quest'ultima appare quella più semplice: l'attuale presidente del fondo EFSF, Klaus Regling, dovrebbe prendere la guida dell'ESM (che sarà l'erede proprio dell'EFSF). Più complicata la partita alla BCE dove a fine maggio scade il mandato di José Manuel González-Páramo. Tre i candidati: il lussemburghese Yves Mersch, lo spagnolo Antonio Sáinz de Vicuña e lo sloveno Mitja Gaspari. Seconda una regola non scritta la posizione dovrebbe andare alla Spagna, ma i piccoli paesi rumoreggiano e la Francia avrebbe deciso di non appoggiare il candidato spagnolo. Alla BERS, infine, è oggi il tedesco Thomas Mirow, il cui contratto scade in luglio. Si è già detto pronto ad accettare un nuovo mandato. Quanto elevate siano le sue possibilità è ancora difficile da dire. Venerdì scorso parlando della necessità di rafforzare il fondo ESM, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha aggiunto, riferendosi a suoi futuri colloqui con il cancelliere tedesco Angela Merkel: "Vi sono alcune nomine di cui dobbiamo discutere e non posso escludere – senza chiederle espressamente – che ci siano iniziative su questo fronte". Pensava alla possibilità di nominare un francese alla guida della BERS (nella persona di Philippe de Fontaine Vive Curtaz), in cambio di un tedesco a capo dell'Eurogruppo? Nell'ottica della signora Merkel la nomina di Schäuble potrebbe essere un modo per rassicurare in patria tutti coloro che si dicono sempre più preoccupati dai salvataggi sovrani.
(Nella foto, un ritratto di Wolfgang Schäuble, 69 anni)
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