Nel fine settimana, a Budapest il partito di destra Jobbik ha organizzato manifestazioni a Budapest contro la Commissione europea. Sono state bruciate bandiere europee davanti alla rappresentanza della Commissione. Alle dimostrazioni hanno partecipato circa 2.000 persone. L'accusa rivolta al presidente José Manuel Barroso è di pretendere ingiustamente dal governo del premier Viktor Orbán di modificare alcune leggi, una delle quali secondo le autorità europee viola l'indipendenza della banca centrale. Il partito Jobbik è all'opposizione, ma in questo caso fa il gioco di Orbán, un premier nazionalista che da mesi ormai sta combattendo una guerra personale con Bruxelles. In Croazia, circa 200 persone hanno manifestato a Zagabria contro la prossima adesione del paese all'Unione. Un referendum confermativo è previsto il 22 gennaio. In Belgio, un ministro del governo Di Rupo, il socialista vallone Paul Magnette responsabile delle imprese pubbliche, ha criticato la Commissione, affermando che l'esecutivo comunitario "non ha alcuna legittimità democratica" per influenzare le politiche economiche nazionali. La presa di posizione giunge dopo che a cavallo dell'anno il commissario agli affari monetari Olli Rehn ha intimato al governo belga di riportare il proprio deficit sotto al 3,0% del prodotto interno lordo, pena sanzioni pecuniarie dall'oggi al domani. Rehn si è appellato alla recente riforma del patto di stabilità e crescita che dà alla Commissione poteri straordinari pur di imporre una disciplina di bilancio. Il primo ministro Elio Di Rupo ha dovuto congelare spese pubbliche per oltre un miliardo di euro per non incorrere in una multa. Delle tre vicende quest'ultima è forse la più preoccupante, anche perché giunge da un paese tradizionalmente europeista.
Magnette è stato accusato di populismo da alcuni suoi colleghi di governo, come il ministro degli Esteri Didier Reynders, ma è stato appoggiato da un ex presidente della Banca europea degli Investimenti, Philippe Maystadt, e dall'economista di Lovanio Paul De Grauwe. Alcune pubblicazioni belghe – come il settimanale Le Vif/L'Express – si sono chiesti se "l'intervento invasivo" della Commissione fosse accettabile in un contesto nel quale i bilanci restano responsabilità nazionale. In un'opinione pubblicata da La Libre Belgique, il senatore democristiano (CDH) Francis Delpérée ha avvertito che "occupandosi dei bilanci, l'Unione si infila non a margine delle competenze nazionali, ma al cuore di esse". Il caso belga non è unico nella zona euro. In Grecia, un paese nei fatti sotto tutela dell'Europa, la Commissione ha pessima stampa. In Irlanda, quando qualche settimana fa è emerso che il progetto di bilancio 2012 era stato distribuito ai ministeri delle Finanze dei paesi partner prima ancora di essere reso pubblico a Dublino, la reazione dell'opinione pubblica è stata molto negativa. Ormai forme più o meno convinte di euroscetticismo non si limitano ai partiti estremisti, come il Fronte Nazionale in Francia o la Lega Nord in Italia. Stanno emergendo nell'establishment politico. Sott'accusa è l'influenza della Commissione. Non solo i suoi poteri sono cresciuti, ma oggi appaiono più incisivi di prima. La crisi debitoria ha comportato un aumento del controllo reciproco tra i paesi membri della zona euro, e la possibilità per l'esecutivo comunitario di imporre misure economiche ai governi nazionali. Per molti versi, le reazioni di Magnette e di altri sono i colpi di coda inevitabili di un mondo politico che si sta accorgendo di una diminuzione inesorabile dei suoi poteri. Ma la situazione comporta rischi evidenti. Fin tanto che le elezioni sono una partita nazionale, frange delle classi politiche locali rischiano come minimo di guardare alle istituzioni europee come a un nemico. Ammette un esponente bruxellese di primo piano: "La Commissione non può pensare di avere l'appoggio incondizionato dei paesi in questa partita. Deve assolutamente cambiare registro per essere capita meglio a livello nazionale". Quando il governo Monti chiede ai suoi partner di rivedere almeno in parte la priorità data al risanamento dei conti pubblici, riflettendo alla crescita o dando un ruolo più incisivo alla Banca centrale europea, pensa ai Magnette d'Europa.
(Nella foto, Paul Magnette, 40 anni, ministro delle imprese pubbliche nel governo belga)
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