Le imprese tedesche vendono in tutto il mondo, nelle economie avanzate e nei paesi emergenti, tanto che l’export rappresenta ormai il 40 per cento del prodotto interno lordo di questo paese. All’estero le aziende tedesche hanno aperto negli ultimi anni stabilimenti produttivi, uffici di rappresentanza, laboratori di ricerca. La proiezione internazionale del paese si tocca con mano guardando allo spazio che i giornali nazionali dedicano alle notizie provenienti dall’estero, dando un’occhiata alla rete aerea di Lufthansa o ai collegamenti ferroviari di Deutsche Bahn, o notando infine i numerosi convegni organizzati a Berlino e nelle grandi città del paese dedicati alle grandi questioni internazionali. Per curiosità, ho verificato l’agenda di questa settimana del governo federale. Il numero di viaggi all’estero è impressionante, e mi ha confermato quanto la politica estera tedesca sia più globale che europea. In questi giorni, il ministro dell’Economia Rainer Brüderle è in Canada, il ministro della Difesa Karl-Theodor zu Guttenberg è in Cina e in Mongolia, il ministro degli Esteri Guido Westerwelle è in Russia e in Bielorussia. Alcune delegazioni di parlamentari stanno compiendo viaggi in Asia e in Africa, visitando il Madagascar, il Lesotho, il Pakistan, lo Sri Lanka, Singapore, la Malaysia e l’Indonesia.
I rapporti della Germania non si limitano quindi alle relazioni diplomatiche di routine. Nello stesso modo in cui le imprese vendono in tutto il mondo, l'establishment coltiva interessi sempre più globali. Le implicazioni politiche di questa proiezione mondiale sono evidenti. Da un lato è chiaro il desiderio della politica tedesca di creare rapporti più radicati in giro per il mondo, trattando alla pari con il Giappone o la Cina, il Brasile o la Russia. Dall’altro, c’è da chiedersi quanto pesi ormai l’Europa nelle priorità della Germania. Difficile pensare che il paese possa girare le spalle all’Unione, visti i legami che si sono creati negli anni, a iniziare dall'euro. Resta però l’impressione che in questi tempi di crisi i tedeschi stiano coltivando più i rapporti globali che quelli europei, anche per via di una crescita economica più forte nei giovani paesi emergenti che nelle vecchie economie avanzate. In questo contesto, bisogna chiedersi quanto sia pronta la Germania a trasferire sovranità a Bruxelles per rafforzare l'integrazione europea. L'interesse tedesco per l'Europa sembra limitato al buon funzionamento del mercato unico, come quando il cancelliere Angela Merkel chiede un fronte unito nel gestire il pericolo bombe nel trasporto merci. Troppo spesso poi l'atteggiamento appare antagonista: la stessa signora Merkel ha chiesto nei giorni scorsi un meccanismo di gestione delle crisi debitorie che faccia pagare gli eventuali costi anche agli investitori privati. La proposta ha scatenato le vendite di titoli greci e portoghesi e provocato la rabbia di molti partner europei, oggi alle prese con un nuovo aumento dei rendimenti obbligazionari. Di questi tempi, l'agenda e gli interessi dell'establishment tedesco appaiono quasi troppo globali per essere europei.
(Nella foto, Guttenberg questa settimana sulla grande muraglia cinese)