BERLINO – E’ lui il Geert Wilders tedesco? L’uomo che in Germania elogia il controverso leader olandese si presenta all’appuntamento con qualche minuto di anticipo. E’ alto, il sorriso simpatico e lo sguardo innocuo. Eppure René Stadtkewitz, deputato della città-stato di Berlino, ha provocato un piccolo terremoto nella vita tedesca. Ha appena annunciato di voler creare un nuovo partito che dia “risposte chiare”, in particolare sul fronte dell’immigrazione, mettendo in difficoltà i democristiani del cancelliere Angela Merkel.
Die Freiheit, la libertà, è la novità della rentrée. Il partito vuole gareggiare alle regionali di Berlino nel 2011, per poi prendere il volo a livello nazionale. “Non c’è stanchezza della politica in Germania. C’è piuttosto stanchezza dei partiti”, dice Stadtkewitz, un ex Cdu di 45 anni che ha riunito intorno a sé anche un ex esponente del partito libertario dei pirati. “Vogliamo smarcarci dal mondo politico tradizionale”. Ambizioso? Certamente. Carismatico? Più difficile da dire. Intanto però, la Cdu, accusata di trascurare i suoi valori tradizionali, è avvertita.
Per 15 anni Stadtkewitz è stato un esponente regionale di primo piano nel partito della signora Merkel. Poi la spaccatura. “Volevo che la Cdu discutesse con franchezza dei problemi relativi all’immigrazione in questa città. Niente da fare. Mi hanno boicottato. E me ne sono andato”. Il 10 settembre ha presentato il suo nuovo movimento. E’ ancora difficile dire se avrà successo, ma è sintomatico di malumori dentro e fuori la scena politica tedesca. “C’è un soffio di Tea Party nei cieli della Germania”, ha scritto la Welt am Sonntag.
Il programma di Die Freiheit è ancora da definire; verrà ufficializzato a breve. A grandi linee, il partito combatte la “casta politica”, crede alla libertà d’impresa, si oppone a “un trasferimento non democratico dei poteri dagli stati a Bruxelles”, ed è convinto che l’Islam possa essere “un’ideologia totalitaria”. Spiega Stadtkewitz: “In questi anni non abbiamo voluto vedere il problema. L’Islam non è solo una religione, è un’ideologia, è un sistema sociale, che non è compatibile con i valori occidentali e che non è integrabile”.
Il fondatore di Die Freiheit si riferisce ai quattro milioni di musulmani che abitano la Germania, ai quartieri di alcune città, dove i tassi di criminalità e di disoccupazione sono più elevati che altrove, dove l’integrazione, anche agli occhi dei sociologi, arranca. Non è contrario agli immigrati di per sé, ma è contrario agli immigrati “che non aiutano il nostro paese”. Quando lo si interroga sull’amicizia con Wilders, il leader nazionalista olandese che ha invitato a una conferenza fissata proprio per oggi a Berlino, Stadtkewitz si schernisce.
“Wilders – risponde – è una persona simpatica e gentile. Non è un populista di destra, come viene descritto”. E avverte: “Il problema dell’integrazione è sentito dalla popolazione, molto più di quanto si pensi. Su questo tema e su altri vedo un forte divario tra il vertice politico e la popolazione in generale”. E’ questa la considerazione cruciale nel discorso di Stadtkewitz: come altri paesi europei, anche la Germania deve fare i conti con una certa disaffezione nei confronti dell’establishment politico.
C’è un filo sottile che lega la nascita di Die Freiheit, le proteste popolari contro una nuova (e costosa) stazione ferroviaria a Stoccarda, le manifestazioni oceaniche contro la decisione del governo Merkel di allungare la vita delle centrali nucleari, e le parole dell’ex banchiere centrale Theo Sarrazin che ha scosso i tabù della vita politica, puntando il dito contro gli stranieri che non fanno sufficienti sforzi per integrarsi e riscuotendo un certo successo popolare. Der Spiegel parla di una “Dagegen-Republik”, di una repubblica dei contrari.
Nonostante il ritorno della crescita e il calo della disoccupazione, la Germania è attraversata da dubbi e incertezze, forse anche per un’unificazione incompleta. Da anni ormai i partiti tradizionali devono fare i conti con un’emorragia di voti. Die Freiheit non si considera né di destra né di sinistra: “Vuole solo dare risposte chiare ai dubbi della gente”. Il bacino di votanti è quello democristiano. Il movimento però si vuole meno socialdemocratico della Cdu, più liberale dei liberali, più anti-partito dei verdi. E i neonazisti? “Non ne vogliamo”, risponde Stadtkewitz.
Claus Leggewie, professore a Essen, vede “una chiara costellazione” per la nascita di un partito populista. Secondo un sondaggio Emnid potrebbe raccogliere fino al 20% dei voti. Molti si chiedono che ruolo potrebbero avere alcuni esponenti della Cdu, come Roland Koch e Friedrich Merz: hanno lasciato la politica, scontenti della strategia della signora Merkel. Altri le hanno rimproverato di aver trascurato i temi forti della democrazia cristiana, come per esempio quello della Leitkultur, della cultura dominante, nell’integrazione degli immigrati.
Il leader bavarese Franz-Josef Strauss era convinto che non dovesse esserci spazio per un altro partito alla destra della Cdu. Che le cose stiano cambiando? La verità è che non sono mancati nella storia tedesca i leader di protesta, poi falliti tra egocentrismo e vacuità, come per esempio negli ultimi anni Ronald Schill ad Amburgo. Stadtkewitz corre il rischio di fare la stessa fine. Lui risponde così: “I partiti presenti nel parlamento regionale di Berlino rappresentano meno del 50% degli elettori. Le sembra normale? A me, no”.
B.R.