C’era una volta una Germania prevedibile, dove le discussioni controverse, relative al passato nazista, venivano accuratamente evitate; dove quando si trattava di parlare di Israele o degli ebrei il linguaggio diplomatico era d’obbligo. Nelle ultime settimane, Thilo Sarrazin e Erika Steinbach hanno scombussolato le carte del politically correct tedesco Il primo, 65 anni, ha criticato gli immigrati di origine musulmana accusandoli di non fare sufficienti sforzi per integrarsi, e ha parlato di “un particolare gene” degli ebrei. Preso di mira dall’establishment tedesco, è stato costretto alle dimissioni dalla Bundesbank dopo un lungo tira-e-molla. La seconda, 67 anni, ha affermato invece che all’aggressione tedesca contro la Polonia nel settembre 1939 avrebbe contribuito la mobilitazione polacca nel marzo di quell’anno. Attaccata dal suo stesso partito, che l’ha accusata di sminuire le colpe dei nazisti nel secondo conflitto mondiale, la signora Steinbach si è dimessa dalla CDU. Ambedue hanno superato die rote Linie, la linea rossa, come ha spiegato il Financial Times Deutschland. Non sono i primi in 60 anni di Repubblica Federale. In passato però i provocatori facevano di solito una rapida marcia indietro. Come Steffen Heitmann, candidato nel 1994 dell’allora cancelliere Helmut Kohl alla presidenza della Repubblica. “Non credo – disse allora parlando dell’Olocausto – che da questo si possa derivare un ruolo speciale della Germania fino alla fine della storia". Né Sarrazin né Steinbach si sono pentiti. Anzi il primo in particolare è molto popolare presso l'opinione pubblica.
La Germania forse sta cambiando. A 60 anni dalla guerra c’è voglia di rompere i tabù, di esprimersi più liberamente a costo anche di traviare gli avvenimenti storici o di dare interpretazioni esagerate. Non basta. La crisi economica poi sta creando nuove angosce. Un sondaggio intitolato Die Ängste der Deutschen e pubblicato ogni anno in autunno mostra come attualmente oltre due terzi dei tedeschi abbiano paura del futuro dell’economia. Anche in Germania il terreno per eventuali derive populistiche è fertile. I due casi, pur diversi tra loro, stanno mettendo il cancelliere democristiano Angela Merkel in seria difficoltà. Le prese di posizione di Sarrazin e di Steinbach hanno riscosso un certo successo nell’elettorato più conservatore. Nel puntare il dito contro una mancata integrazione degli immigrati in Germania, l’ormai ex banchiere centrale della Bundesbank ha cavalcato un tema sentito da molti esponenti democristiani, ma tralasciato negli ultimi anni dal cancelliere Merkel. Nel lanciare una provocazione revanscista, la signora Steinbach, presidente dell'associazione che rappresenta i tedeschi espulsi dai territori orientali del Reich durante la guerra, ha voluto ricordare al suo partito che i democristiani sono storicamente, dai tempi di Konrad Adenauer, il partito dei Vertriebenen, i profughi tedeschi. Dimettendosi dalla CDU, ha detto: “Sono stufa di avere la funzione di alibi”. E ha aggiunto: "La mia CDU non è sulla buona strada, perché non è con i compromessi che si attirano gli elettori". La frase è rivelatrice di un certo scontento nei confronti di un cancelliere che ha spostato il partito a sinistra, in un momento per di più in cui i grandi movimenti popolari sono in perdita di velocità. Non è un caso se proprio ieri sia nato a Berlino un nuovo partito, fondato da ex democristiani delusi e che gareggerà nelle elezioni regionali del 2011. Franz-Josef Strauss, l'ex leader cristiano-sociale bavarese, ha sempre pensato che non ci dovesse essere spazio per un partito alla destra della CDU-CSU. Che le cose stiano cambiando?
(Nelle foto, in alto Thilo Sarrazin, in basso Erika Steinbach)
PS del 12 settembre 2009: Proprio oggi la Welt am Sonntag ha pubblicato un'intervista con Erika Steinbach. Nel suo colloquio con il settimanale domenicale, la signora Steinbach ha criticato il cancelliere Merkel che dal suo punto di vista non coltiva sufficientemente i valori conservatori della CDU. "Se qualcuno dotato di carisma decidesse di formare un nuovo partito veramente conservatore – ha avvertito – supererebbe facilmente la barriera del 5%" dei voti.