Chi ha detto che i tedeschi sono freddi e insensibili, incapaci di provare ed esprimere emozioni? Al contrario, sono in generale molto più emotivi di altri popoli europei, che spesso possono essere cinici e indifferenti. Due vicende negli ultimi giorni, pur completamente diverse l’una dall’altra, me lo hanno confermato: la vittoria di Lena Meyer-Landrut all’Eurovisione e le dimissioni del presidente della Repubblica Horst Köhler. Cominciamo dalla prima. Da qualche giorno ormai la Germania ha perso la testa per Lena, una ragazza di 19 anni che ha vinto a sorpresa la gara canora di Oslo nel fine settimana. Lena canta in inglese, ha un viso piacevole, un sorriso accattivante ed è diventata il beniamino di un paese che arrivata l’estate non vede l’ora di sfogarsi all’aperto. Tornata dalla Norvegia domenica, è stata accolta nella sua città natale di Hannover da una folla festante armata di bandiere con i colori nazionali. Ai suoi fans, ha detto: "Voi siete pazzi! Tornatevene a casa: sta piovendo!". I giornali ne raccontano la storia personale, ricordando tra le altre cose che è nipote di un ex ambasciatore tedesco in Unione Sovietica negli anni 80. A differenza di altri quotidiani europei, la Frankfurter Allgemeine Zeitung continua imperterrita a preferire le questioni serie ai temi leggeri. Eppure anche in questo caso ha dedicato un editoriale in prima pagina in cui ha tentato un’analisi socio-politica del fenomeno Lena, sostenendo che la sua vittoria dimostra come in Europa non ci sia solo la moneta unica ma anche una lunga e comune tradizione "umanistica e artistica”. L’analisi della FAZ è forse un po’ esagerata, ma anche in questo caso il giornalista è rimasto vittima dell’emotività. Emotività che ha segnato la stessa uscita di scena di Köhler.
L’uomo politico democristiano ha rassegnato clamorosamente le dimissioni lunedì nel primissimo pomeriggio dopo essere stato criticato per alcuni commenti sul ruolo della Bundeswehr nel difendere con le sue missioni all'estero gli interessi economici del paese. Le sue parole sono state criticate con una certa ipocrisia da alcuni settori dell’establishment politico, in un paese attraversato da una vena pacifista a sessant’anni dalla fine della guerra. Il governo è rimasto opportunisticamente in silenzio, mentre Der Spiegel ha fatto un parallelo con Heinrich Lübke, Capo dello Stato dal 1959 al 1969, ricordato per essere stato un presidente gaffeur. Si dice che l’articolo del settimanale, pubblicato domenica, abbia indotto Köhler, 67 anni, a uscire di scena. Anche l’ormai ex presidente della Repubblica è stato vittima dell’emozione e ostaggio dei suoi sentimenti: nonostante la sua grande popolarità personale, l’ormai ex presidente ha preferito gettare la spugna, addirittura accusando i suoi critici in una rapida dichiarazione televisiva di “mancanza di rispetto”. Al di là del carattere della persona, il suo gesto rispecchia una passionalità tutta tedesca. La stessa che induce alcuni a pretendere dalla Grecia di vendere l’Acropoli per ripianare i debiti o a indignarsi per la disonestà di una personalità pubblica; a entusiasmarsi per il successo internazionale di una teenager o ad appassionarsi per un'opera lirica. Ecco forse perché in questo contesto la Germania rimane per certi versi un paese in cui le critiche e i complimenti hanno ancora un senso.