FRANCOFORTE – Il presidente americano Barack Obama ha compiuto ieri la sua terza visita in Germania in meno di un anno, riscuotendo successo popolare, a differenza del suo predecessore George W. Bush. Eppure, nonostante le folli festanti e le parole di rito, le sue tre tappe di Dresda, Buchenwald e Landstuhl si sono svolte all'insegna delle recenti incomprensioni con il cancelliere Angela Merkel.
Obama si è sentito in dovere ieri di smentire le
impressioni rimbalzate sulla stampa tedesca di una "visita-scalo" in
Germania, nella quale alla signora Merkel è stato attribuito uno «slot
di appena 15 minuti», come sosteneva ieri Handelsblatt. «La verità è
che la relazione tra i nostri due paesi è eccellente». A molti
osservatori i rapporti tra Berlino e Washington paiono invece più
tormentati: pesano i contrasti sulla gestione della crisi e sulla
stabilizzazione dell'Afghanistan.
La questione economica è quella
dominante. Per settimane i disaccordi hanno riguardato la politica
economica: quanto e come aiutare la ripresa: gli Stati Uniti volevano
di più; la Germania frenava. Questa settimana, il cancelliere ha
criticato anche la politica monetaria americana, troppo espansiva,
incurante dei rischi di inflazione a medio termine. Da un lato, il
dinamismo americano; dall'altro la ponderatezza tedesca.
L'altro
tema sensibile è la questione delle regole finanziarie. «Chiariremo che
siamo totalmente dedicati a un aspetto: il rafforzamento del sistema
multilaterale », ha ribadito ieri la signora Merkel, riferendosi al
prossimo G- 20 di Pittsburgh. Anche in questo caso l'establishment
tedesco è perplesso per via dell'apparente insensibilità americana al
problema di un mercato poco regolato, in piena crisi da eccesso di
deregolamentazione.
Anche il caso Opel ha provocato screzi, se è
vero che Berlino si è lamentato della presenza di un semplice
funzionario del Tesoro americano in occasione delle trattative della
settimana scorsa sulla vendita della casa automobilistica. E
ancora: qualche giorno fa le imprese tedesche attive negli Stati Uniti
hanno protestato con il governo americano per quella che Axel Nitschke,
un funzionario dell'associazione delle camere di commercio DIHK, ha
definito «l'introduzione di misure protezionistiche dalla porta di
servizio».
Sul fronte politico l'America vorrebbe che Berlino
mandasse truppe nel sud dell'Afghanistan e accettasse sul proprio suolo
degli ex prigionieri di Guantánamo. Nei due casi la Germania ha
risposto per ora di no, provocando irritazione a Washington. Gli
americani speravano che il discorso internazionalista del vice
presidente Joseph Biden a Monaco in febbraio avrebbe aperto le porte
all'aiuto tedesco. Per ora così non è stato.
I due paesi stanno attraversando fasi diverse. Da un lato la Germania non è più l'alleato fedele pre-unificazione, ed
è pronta più di prima a difendere i propri interessi; dall'altro gli
Stati Uniti, tra recessione economica e guerre mai vinte, oscillano tra
isolazionismo e multilateralismo. Il politologo Eberhard Sandschneider
vede già all'orizzonte una nuova sfida: «Cosa è pronta a fare l'Europa
– si chiede – per stabilizzare l'Iraq quando le truppe americane
avranno lasciato il paese?».
Nel frattempo, c'è chi ricorda che
nonostante tutto nel suo discorso di Chicago, dopo la sua elezione alla
Casa Bianca, l'unico avvenimento internazionale citato da Obama era
stato la Caduta del Muro. Lo sguardo in Germania corre già ai
festeggiamenti per il ventennale e a una possibile venuta del
presidente a Berlino alla fine dell'anno, nella speranza che nuovi
incontri con il cancelliere Merkel contribuiscano ad accorciare le
distanze.
B.R.