L’inglese è certamente la lingua franca, ma ciò non significa che la Germania abbia lasciato il tedesco al suo destino di lingua puramente nazionale, abbandonando per sempre l’ambizione di avere una Weltsprache, una lingua mondiale. Anzi: negli ultimi anni il Governo federale ha aumentato il bilancio messo a disposizione delle scuole tedesche all’estero e ha collaborato con il settore privato per l’apertura di università tedesche nel Paesi emergenti. Due eventi negli ultimi giorni hanno confermato questa tendenza. La settimana scorsa Angela Merkel è stata il primo cancelliere nella storia della Repubblica federale a visitare la sede del Goethe-Institut a Monaco (nella foto un momento del discorso). Ha parlato del fascino della lingua tedesca, difendendone il ruolo e criticandone l’eccesso di anglicismi. Nel frattempo, questa settimana si è tenuta a Köthen, nella Sassonia-Anhalt, una delle prime riunioni di una nuova associazione della lingua tedesca: la Neue Fruchtbringende Gesellschaft, nata sulla falsa riga della Società dei Carpofori della Weimar del Seicento, si è data il compito di difendere il tedesco, "lingua della cultura e della scienza, ufficiale e nazionale". In un libro recente (Hat Deutsch eine Zukunft? – Che futuro ha il tedesco?), Jutta Limbach, un ex presidente della Corte Costituzionale e dello stesso Goethe-Institut, ammette che a livello mondiale la partita è persa nei confronti dell’inglese o del cinese, ma sottolinea come il tedesco sia una lingua importante in Europa: il 32% dei cittadini dell’Unione parla tedesco, il 51% l’inglese, il 26% il francese e il 15% lo spagnolo.
In questo senso, Jutta Limbach spiega che il peso economico della Germania in Europa e nel mondo deve essere un veicolo per rafforzare il ruolo del tedesco a livello mondiale e quindi indirettamente in Europa. A questo proposito nei mesi scorsi il Goethe-Institut ha annunciato la nascita di un insolito comitato di consulenza per un ente pubblico che ha come compito la promozione della lingua e della cultura tedesca all’estero. Il nuovo organismo raggruppa il fior fiore dell’economia nazionale: tra gli altri, i presidenti di Deutsche Bank, Josef Ackermann, di Deutsche Telekom, René Obermann, e di Volkswagen, Martin Winterkorn. In tutto oltre dieci tra i massimi rappresentanti dell’establishment economico tedesco. Il tentativo è interessante: il comitato deve consigliare il Goethe-Institut sui "grandi cambiamenti sociali a livello internazionali", tenuto conto anche del fatto che i suoi membri conoscono "lo stile di lavoro delle imprese straniere". L’organismo, nato in aprile, deve individuare "i temi e i campi che hanno legami sia con la cultura che con l’economia". Per un grande Paese esportatore, coltivare la presenza e l’uso della propria lingua all’estero è ormai indispensabile anche per rafforzare i legami commerciali ed economici. L’idea non è nuova, ma la Germania, dando al Goethe-Institut una consulenza economica, ha compiuto in questo campo un significativo salto di qualità, dimostrando ancora una volta quanto può essere forte in questo Paese la cooperazione tra pubblico e privato. Che possa diventare un modello per altri governi?