La proiezione internazionale del giornalismo tedesco ha ricevuto conferma in questi giorni, per via della guerra nel Caucaso e delle Olimpiadi in Cina. Tutte le grandi reti televisive tedesche (per non parlare dei giornali) hanno mandato i propri inviati in Georgia per seguire con un grande dispendio di soldi e di
Nei primi giorni delle Olimpiadi le autorità cinesi hanno oscurato alcuni siti internazionali (da allora la scelta è stata rivista). La censura aveva colpito naturalmente Amnesty International, Voice of America e la BBC, ma anche la meno nota Deutsche Welle. Tutt’ora sembra che alcune pagine del portale tedesco non siano visibili nel Paese asiatico. La DW fu fondata dal Governo federale nel 1953 ed era ai tempi un semplice canale radiofonico con il compito di informare il mondo sugli avvenimenti tedeschi. Solo nel 1992 è diventata anche canale televisivo e successivamente sito Internet. Oggi la Deutsche Welle–1.500 dipendenti di 60 nazionalità diverse–trasmette per radio in trenta lingue (la BBC 32) e per televisione in quattro (oltre al tedesco, anche in inglese, francese e spagnolo), con telegiornali ad hoc che non sono il semplice e banale collage dei notiziari trasmessi in Germania dalla ZDF o dalla ARD, l’altra rete pubblica. Il sito della Deutsche Welle è anch’esso in trenta lingue, tra cui naturalmente il cinese. Non sorprende se sia stato vittima della censura di Pechino: è rapido, informato e analitico. A titolo di confronto la più nota Radio France Internationale trasmette in 20 lingue e ha un sito in 19 lingue. La proiezione internazionale del giornalismo tedesco è impressionante. Non è un fenomeno nuovo: da tempo Der Spiegel e la Frankfurter Allgemeine Zeitung hanno una rete di corrispondenti che fa concorrenza a quella del New York Times. Ma la fame di notizie ha fatto un salto di qualità, non fosse altro perché la Germania è il primo Paese esportatore al mondo, proiettato all’estero come non mai. A questo bisogna aggiungere il desiderio dell’establishment di avere una voce tedesca nel grande mondo dell’informazione mondiale, così come l’ambizione di non limitarsi a essere la cassa di risonanza dei grandi media anglosassoni.