Anche la Germania ha festeggiato il sessantesimo anniversario della fondazione di Israele. Nella Paulskirche di Francoforte, il luogo nel quale si riunì nel 1848 il primo parlamento tedesco liberamente eletto, si è tenuta mercoledì 14 maggio una manifestazione a cui hanno partecipato oltre 800 persone (nella foto la signora Charlotte Knobloch, presidente del Consiglio ebraico in Germania). Proprio l’anniversario è stata l’occasione per i tedeschi di fare il punto sul loro rapporto con lo Stato ebraico a oltre sessant’anni anni dalla fine della guerra. Un sondaggio Forsa, pubblicato dalla Berliner Zeitung, ha rivelato alcuni aspetti interessanti. Per quasi due terzi dei tedeschi Israele è un Paese come qualsiasi altro. Il 56% degli interpellati crede che lo Stato ebraico non debba quindi avere un ruolo particolare nella politica estera tedesca. Un tedesco su due è convinto che a oltre mezzo secolo dalla tragedia dell’Olocausto la riconciliazione con Israele sia stata completata.
I dati sono interessanti e non devono né sorprendere, né scioccare. Prima di tutto spiegano bene la reazione negativa di molti giornali tedeschi al recente discorso del cancelliere Angela Merkel alla Knesset, ritenuto troppo filo-israeliano (si veda il post del 21 marzo 2008). Il sondaggio pubblicato dalla Berliner Zeitung non è il riflesso di un Paese dalla memoria corta, che ha deciso improvvisamente di lavarsi le mani del dramma dell’Olocausto. Per esserne convinti basta notare con quanta dedizione la Germania abbia seguito i festeggiamenti per il 60mo anniversario di Israele, commentando con straordinario impegno le responsabilità e i doveri del Paese nei confronti della Shoah. Sui tedeschi aleggia sempre il timore di un nuovo revanscismo o espansionismo. Piuttosto dietro a questo sondaggio si nasconde un popolo che non vuole essere prigioniero della propria Storia. Senza rinnegare le proprie responsabilità, vuole guardare al futuro, piuttosto che al passato. E in questo senso può essere un modello per molti Paesi europei.