Il sistema educativo tedesco è stato per molti decenni un modello per mezza Europa, anche per l’Italia, con la sua divisione tra le scuole dedicate alle professioni tecniche e i licei, porta d’accesso all’università. Vi fu sconcerto quindi quando all’inizio del decennio, la Germania scoprì che la scuola tedesca non era all’altezza dei tempi. Il test PISA, promosso dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, mise in luce ritardi sorprendenti. Da allora, il Paese si è dato da fare: ha allungato gli orari delle lezioni, aggiornato i programmi, aumentato gli investimenti, eliminato alcune scuole professionali obsolete e creato nuovi istituti tecnici. Nell’arco di qualche anno, dal mio osservatorio, ho potuto toccare con mano sia la preoccupazione dei tedeschi di rimanere indietro, sia il loro desiderio di recuperare il terreno perduto.
L’ultimo test PISA, pubblicato martedì 4 dicembre, ha mostrato come i risultati dei ragazzi quindicenni tedeschi siano sensibilmente migliorati in lettura e in matematica. Tra il 2000 e il 2006 il loro punteggio è passato rispettivamente da 484 a 495 e da 490 a 504. Nel frattempo, il punteggio dei loro coetanei italiani è invece sceso da 488 a 469 e da 466 (dato del 2003) a 462. Le statistiche vanno prese con le molle, soprattutto in questo campo, anche perché non mancano esempi d’eccellenza anche italiani. Resta però che nella Penisola il test dell’OCSE ha dato risultato peggiori rispetto agli anni precedenti. L’effetto ottico non è dei migliori: l’impressione è che in Germania l’establishment si sia rimboccato le maniche per mettere mano alle difficoltà, mentre in Italia su un tema cruciale come la scuola si discuta molto ma senza affrontare metodicamente i problemi.