La Germania critica la Grecia; e chi parla delle banche tedesche?

Da qualche giorno ormai una fetta della stampa tedesca critica con virulenza e arroganza alcuni suoi vicini europei, la Grecia in testa. Le ragioni non mancano vista la grave crisi debitoria del paese mediterraneo, ma è come se i tedeschi siano rimasti immuni dalla grande crisi finanziaria scoppiata nel 2008-2009. Non è proprio così come dimostra la situazione in cui versano molte banche tedesche. Copertina di Focus Nei giorni scorsi, Focus e Bild hanno pubblicato articoli in cui hanno rivangato classici stereotipi: i greci sono simpatici ma inaffidabili, allegri ma indolenti. Il settimanale ha pubblicato una volgare foto in copertina (a fianco), mentre il quotidiano ha spiegato, rivolgendosi ai greci: “Anche noi abbiamo debiti elevati, ma li rimborsiamo perché ci svegliamo presto la mattina e lavoriamo tutto il giorno”. E’ un po’ come se la crisi debitoria greca stesse inducendo i tedeschi a rompere i ponti con una secolare tradizione di legami culturali e storici. Non solo la guerra d’indipendenza dall’Impero Ottomano fu seguita nel 1832 dal regno trentennale di Otto I di Grecia, un diciassettenne aristocratico bavarese, Friedrich Ludwig von Wittelsbach, ma lo stesso mondo culturale tedesco si è rifatto ripetutamente all’antica Grecia tra Ottocento e Novecento. Nel 1755, Johann Winckelmann decantò l’ideale estetico greco di “nobile semplicità e calma grandiosità”; mentre nel 1805 Friedrich Hegel contribuì al culto tedesco delle tradizioni elleniche nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia: “Grecia: a questa parola il cuore dell’uomo colto d’Europa, e di noi tedeschi in particolare, si sente a casa”. C'è di più. Una delle principali riviste del romanticismo tedesco, fondata da Friedrich Schlegel, si chiamava Athenäum. E più recentemente, Martin Heidegger affermò che la filosofia non poteva svilupparsi che in greco o in tedesco. Gli stessi giochi olimpici del 1936 a Berlino volevano essere una reviviscenza dello spirito di Olimpia in una capitale che per Adolf Hitler doveva chiamarsi Welthaupstadt Germania e ricordare lo spirito dell'antichità.

Evidentemente, la moneta oggigiorno è più importante della cultura. Almeno in questo momento. Nei giorni scorsi sempre Bild ha scritto un ritratto del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi al limite dell’offensivo, sostenendo che il suo eventuale arrivo alla guida della Banca centrale europea sarebbe pericoloso per la stabilità dell’euro, quasi che per motivi genetici gli italiani fossero tutti economicamente irresponsabili. Il quotidiano del gruppo Springer strizza l'occhio ai suoi 13 milioni di lettori, con le armi della polemica e della provocazione. I tedeschi sanno che va preso a piccole dose. In queste circostanze, tuttavia, il rischio è di assistere a rimpalli nazionalistici inutili, anzi controproducenti se non pericolosi. Forse è anche per questo che il cancelliere Angela Merkel sta sostenendo l’idea di un Fondo monetario europeo, rilanciata nei giorni scorsi dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Dopo aver detto di no a tante soluzioni per salvare la Grecia e la zona euro, la Germania si è sentita in dovere di essere propositiva. Peraltro le critiche tedesche non sono sempre convincenti. E’ vero che le finanze pubbliche della Germania hanno retto meglio di altre, e il paese ha così dimostrato ancora una volta responsabilità e occulatezza, ma come non ricordare che la Repubblica Federale è alle prese con un fragilissimo sistema bancario? A causa di pericolosi equilibrismi finanziari negli anni della bolla, Commerzbank ha ricevuto aiuti statali per 18 miliardi di euro; molte banche pubbliche sono state salvate in extremis; Hypo Real Estate è stata nazionalizzata tout court. Sui mercati finanziari si dice che le generose operazioni di rifinanziamento della Bce in questi mesi aiutino non poco gli istituti creditizi tedeschi. La Grecia è criticabile, ma la Germania non è esente da errori e debolezze.

  • Beda Romano |

    Grazie molte Anna. Ho preso nota del vostro indirizzo internet. Vi seguirò.
    B.R.

  • Anna Castellari |

    Ciao Beda,
    ti ho citato nella rassegna stampa sulla crisi greca del numero zero di Conectamed, una nuova rivista iberica che tratta tematiche mediterranee. Non so se leggi lo spagnolo, ma in ogni caso ti invio il link:
    http://conectamed.weebly.com/1/post/2010/04/primer-mensaje.html
    Buona giornata
    Anna

  • Beda Romano |

    Rispondo alla sua domanda su Opel. Il governo tedesco aveva concesso alla società linee di credito nel 2009 per 1,5 miliardi di euro. Il denaro è stato restituito alla fine dell’anno scorso. La casa automobilistica ha poi presentato qualche settimana fa un piano di ristrutturazione che prevede costi per 3,7 miliardi di euro, di cui 1,9 miliardi provenienti dalla casa madre General Motors. Il resto dovrebbe giungere dai governi coinvolti, in prima battuta quello tedesco. Le trattative non sono ancora concluse. Per quanto riguarda Bild, il quotidiano popolare è un tabloid gridato e volendo anche volgare – molto diverso per stile e contenuto da un giornale di qualità – che gli stessi tedeschi prendono con le pinze. Ma stampa oltre tre milioni di copie al giorno, ha circa 11 milioni di lettori, e la sua pagina 2, dedicata alla politica, è una lettura giornaliera dell’establishment tedesco. Non è possibile ignorarlo. Infine sul fronte delle banche tedesche le segnalo l’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale sulla Germania, nel quale l’Fmi esorta gli istituti di credito del paese a ristrutturarsi, ricordando loro che l’abbondante e generosa liquidità di quest’ultimo anno e mezzo non durerà per sempre.
    B.R.

  • Cla |

    Mi perdoni ma il titolo del suo articolo mi mette un sommo nervoso. Con questo confrontarsi al ribasso si può solo peggiorare. I tedeschi – che poi non si capisce se si parli dell’opinione pubblica o del governo o un po’ e un po’, comunque la gente ha digerito poco e malissimo anche gli aiutoni alle banche di casa “con le nostre tasse”, seguiti a ruota dagli aiutoni alla Opel (a proposito, ma com’è finita quella storia?), adesso all’idea di dover andare a risollevare anche i conti di un altro Paese comprensibilmente mugugnano, visti anche i motivi (almeno apparenti) per cui quei conti sono allo sfascio. Ricordo che questo è un Paese in cui un ministro che viene beccato dall’autovelox si deve dimettere.
    Per il resto, penso che chiunque legga un giornale serio (non la Bild! che palle questo citare sempre quel giornalaccio) pur mugugnando è convinto della necessità di aiutare la Grecia. A maggior ragione ne è convinto il governo. I soldi arriveranno, anzi leggo che c’è già l’accordo con la Francia. Spero per i Greci che non ne abbiano bisogno, altrimenti sai le battutine per i prossimi 50 anni… Di buono per noi italiani c’è che per il momento non siamo più noi il target primario della satira teutonica (e quando lo siamo, ce lo meritiamo, poche storie).
    Saluti.

  • Beda Romano |

    Giustamente, Sergio difende la Germania. Dinanzi alla crisi debitoria di questi ultimi mesi come non dare ragione ai tedeschi, oculati nella gestione dei conti pubblici, responsabili nei confronti delle generazioni future (e preoccupantemente poco solidali in Europa, ma questa è un’altra storia molto più complicata). Render merito ai tedeschi tuttavia non deve esimerci dal notare le fragilità del paese, se esistono. Più volte la Germania ha dato l’impressione – sbagliando – di considerarsi immune dallo sconquasso finanziario degli ultimi anni. Mi ricordo quando l’establishment politico definiva la crisi un fenomeno strettamente americano e quando era convinto che i mutui subprime non riguardassero le banche tedesche. Le cose sono andate diversamente. E’ vero, come dice Sergio, che se le banche italiane hanno retto meglio l’impatto della crisi è perché sono più piccole, meno esposte ai mercati internazionali, più conservatrici. Ma è anche vero che la crisi ha mostrato tutte le debolezze di un settore bancario tedesco in mano per il 50% a istituti pubblici, gestiti dalla politica e in modo poco efficiente. Messi alle strette molti tedeschi ammettono in privato che su questo fronte sono in ritardo rispetto ad altri paesi.
    B.R.

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