“La crisi nella grande crisi”, era il titolo ieri di un commento del quotidiano La Libre Belgique. Lo spunto era la serie di errori o presunti tali in cui sarebbero incorse le autorità belghe nel gestire la minaccia terroristica. Il paese non si interroga solo sulle ragioni di un jihadismo più presente che altrove in Europa, ma anche sulle apparenti inefficienze dello Stato, legate secondo osservatori belgi a pesanti tagli alla spesa e a un assetto istituzionale troppo complesso.
Quali amministrazioni pubbliche possono dirsi nel mondo immuni da errori, leggerezze, note stonate? Nessuna, probabilmente. Nota Marco Martiniello, professore all’Università di Liegi: «Il Belgium Bashing della stampa internazionale è ingiusto. Quanti paesi hanno subito attentati terroristici in questi anni? Molti. È chiaro però che da anni vi sono disfunzioni. Uno dei motivi è il confronto comunitario che ha creato in Belgio troppi livelli di governo e troppi accavallamenti di competenze».
È un paradosso: per salvaguardare il futuro del Belgio e rispondere alle richieste di autonomia delle tre regioni (Fiandre, Vallonia e Bruxelles) e delle tre comunità (francese, fiamminga e tedesca), le sei grandi riforme istituzionali che si sono susseguite dal 1970 in poi hanno avuto l’effetto di indebolire lo Stato attraverso un continuo trasferimento di competenze dal centro alla periferia in un contesto multiregionale e multilinguistico. Tra parlamenti locali e Parlamento federale, il paese conta sei assemblee.
Sono almeno due i casi imbarazzanti che la stampa belga ha cavalcato in queste ultime ore e che stanno mettendo a dura prova il futuro del governo Michel. La prima vicenda è stata sollevata dalla Turchia, che mercoledì ha rivelato come nell’estate del 2015 abbia espulso verso l’Europa Ibrahim El Bakraoui, uno dei terroristi-suicida, che martedì hanno compiuto i due gravissimi attacchi terroristici di Bruxelles dove sono morte 31 persone.
Il secondo caso è stato rivelato dai giornali locali e ha indotto la polizia ad aprire una inchiesta interna. Le autorità belghe avrebbero saputo fin dal 7 dicembre che uno dei principali responsabili degli attentati parigini del 13 novembre scorso, Salah Abdeslam, risiedeva a Bruxelles, al 79 della rue des Quatre-Vents, là dove fu arrestato pochi giorni fa, il 18 marzo scorso. A quanto pare, un poliziotto di Mellina, nelle Fiandre, aveva preparato un rapporto che è rimasto incagliato nei meandri della burocrazia.
Per spiegare le leggerezze delle autorità belghe, alcuni osservatori mettono l’accento, oltre che sull’assetto istituzionale, anche sui tagli alla spesa, pur di ridurre il debito statale. Vanessa Matz, deputata del Centre Démocrate Humaniste, all’opposizione, denuncia «forme di negligenza amministrativa» e «una mancanza di mezzi». La parlamentare ha rivelato che tra l’agosto 2014 e il luglio 2015 il servizio scanner del Dipartimento Terrorismo della polizia giudiziaria era rotto. La notizia è stata confermata.
In un recente articolo, il quotidiano fiammingo De Standaard ha cercato di spiegare come sia possibile che nel giro di pochi mesi il paese abbia scoperto che alcuni tunnel della capitale devono essere rinnovati (e quindi sono stati chiusi al traffico); che il Palazzo di Giustizia di Bruxelles sia in restauro da anni; che alcuni dei più visitati musei della città siano vittime di gravi infiltrazioni di pioggia. Il paese è volutamente e piacevolmente démodé, ma alcune situazioni sono incredibili.
Le ragioni, spiegano osservatori belgi, sono i tagli alla spesa, ma anche lo stesso accavallamento delle competenze, che comporta doppioni e disorganizzazione. Di recente, è stato deciso di restaurare il Conservatorio reale di Bruxelles. L’edificio appartiene allo Stato, ma è usato dalle comunità francofona e fiamminga, tanto che al momento delle scelte intorno al tavolo vi erano 25 persone, secondo i ricordi di Laurent Vrijdaghs, il direttore della Régie des bâtiments. Dopo lunghe contrattazioni, i costi furono ripartiti tra i vari livelli di governo.
Gli attentati di martedì hanno provocato interrogativi. Una commissione parlamentare è stata chiamata a fare chiarezza, non solo su eventuali errori amministrativi, ma anche sulle ragioni dietro alla presenza jihadista in Belgio. Più in generale, è probabile che il dramma di questi giorni dimostri come la minaccia terroristica superi i mezzi comunque limitati di un paese poco più grande della Sicilia. Anche questo aspetto dimostra l’urgenza di una risposta europea, più che nazionale, ai rischi del terrorismo. B.R.