La crisi greca è giunta probabilmente a una svolta. Lunedì sera a Bruxelles i capi di stato e di governo della zona euro si riuniranno per decidere le sorti del paese, sull’orlo del tracollo finanziario. Vi è per certi versi ancora spazio per procrastinare. Dopotutto, mancano una decina di giorni alla scadenza del 30 giugno quando giungerà a conclusione il memorandum economico che in questo momento regge il rapporto tra la Grecia e i suoi creditori. Sempre il 30 giugno, Atene deve rimborsare un prestito al Fondo monetario internazionale di 1,6 miliardi di euro. Eppure il vertice rischia di essere decisivo. E’ stato organizzato prima di tutto perché ormai è chiara la sensazione che la crisi greca non possa più essere gestita dai ministri delle Finanze. La responsabilità di un salvataggio o di un fallimento spetta ai capi di stato e di governo. Due le possibili soluzioni estreme: un nuovo salvataggio, più o meno di breve termine; o l’abbandono della Grecia a se stessa, con l’uscita del paese dalla zona euro. Paradossalmente, i due protagonisti del prossimo vertice sono nella stessa posizione. Sia la cancelliera Angela Merkel che il premier greco Alexis Tispras devono decidere se salvare la Grecia o salvare se stessi. Il premier Tsipras deve fare i conti con le divisioni all’interno del suo movimento politico Syriza. Sa che molti colleghi di partito non vogliono sottostare ad alcun programma economico, e lo esortano a non firmare nuovi memorandum. Se dovesse decidere, al contrario, di sottoscrivere un accordo con i creditori c’è il rischio di una crisi di governo e di una sua uscita di scena. Viceversa, se decidesse di non optare per una intesa, il pericolo è un tracollo della Grecia. Nel primo caso salverebbe il paese, ma non se stesso. Nel secondo caso salverebbe se stesso (forse, non è detto), ma certo non il paese. Paradossalmente, nella stessa posizione è anche la signora Merkel. La cancelliera deve fare i conti all’interno del suo paese a correnti di pensiero contrarie a un accordo con la Grecia, preoccupate dell’azzardo morale. Secondo un sondaggio di YouGov di mercoledì scorso, il 58% dei tedeschi è contrario a una intesa e favorevole a una uscita della Grecia dalla zona euro. Se la signora Merkel optasse per un accordo a tutti i costi con il premier Tsipras, metterebbe a rischio la sua popolarità in patria. Se invece decidesse di assecondare l’elettorato, sancirebbe il destino di Atene. C’è naturalmente una spiegazione per questo paradosso. Né l’uno né l’altro hanno trovato (o voluto trovare) quella soluzione che salverebbe sia loro stessi che la Grecia, attraverso una cessione di sovranità e una messa in comune dei destini finanziari. L’attuale sistema confederale che regge le sorti dell’Unione ha toccato i limiti della gestione della crisi debitoria. Alla Grecia sono stati concessi circa 240 miliardi di euro di prestiti intergovernativi e internazionali. Ma il debito del paese è ormai superiore al 180% del prodotto interno lordo, e la situazione economica rimane fragile. Fin tanto che perdurerà una dicotomia tra sovranità nazionale e impegni europei, tra politiche locali e prestiti internazionali la crisi greca rischia nel peggiore dei casi di terminare in catastrofe, e nel migliore dei casi di trovare solo soluzioni di corto respiro.
(Nella foto, il premier greco Alexis Tsipras, 40 anni, e la cancelliera tedesca Angela Merkel, 60 anni, durante una recente visita del primo a Berlino)