L’attesa proposta legislativa che la Commissione europea ha appena presentato stamani per meglio affrontare l’arrivo di migliaia di immigrati sulle coste mediterranee è per i più troppo timida, poco ambiziosa, alla luce della crisi nel Mediterraneo. L’esecutivo comunitario ha proposto di ricollocare attraverso l’Europa 40mila richiedenti l’asilo (24mila in arrivo in Italia, 16 mila in arrivo in Grecia). Per alcuni la cifra dei rifugiati da ricollocare è troppo bassa; altri fanno notare che il programma non riguarda gli immigrati clandestini alla ricerca di un lavoro; per altri ancora il meccanismo vale soprattutto per le persone che sbarcheranno in futuro, non per quelle che sono già sul territorio europeo. Infine, c’è chi rimprovera all’Europa la mancanza di una strategia più completa. Eppure, è la prima volta che la Commissione presenta uno schema di ricollocazione vincolante sulla base dell’articolo 78/3 dei Trattati. La norma precisa: “Qualora uno o più stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello stato membro o degli stati membri interessati”. Finora l’immigrazione è stata gestita dai Ventotto a livello nazionale, non a livello europeo. Responsabile di accogliere il rifugiato e di valutarne la sua richiesta di asilo era il paese di primo arrivo. Se la proposta della Commissione dovesse essere approvata dai governi, per almeno 24 mesi la gestione del rifugiato verrà messa in comune, per così dire mutualizzata. Ciò che finora non è stato possibile per i debiti pubblici è a portata di mano per meglio affrontare il flusso di immigrati in arrivo sulle coste del Mediterraneo centrale. Anziché limitarsi a una politica europea che è troppo spesso la somma di politiche nazionali, la Commissione europea ha proposto oggi ai Ventotto di avere una politica comune dell’immigrazione, federale non confederale. Siccome Italia e Grecia saranno responsabili della prima accoglienza, e successivamente del ricollocamento delle persone attraverso l’Europa, l’esecutivo comunitario vuole che il lavoro dei due paesi possa essere controllato passo passo dai partner. Roma e Atene saranno chiamate a organizzare campi di accoglienza; controllare l’identità delle persone; garantire il rilevamento delle impronte digitali; valutare la loro richiesta di protezione internazionale. Dovranno rendere conto ai loro partner con rapporti puntuali e precisi. I paesi membri manderanno in Italia e in Grecia propri rappresentanti (liaison officers, in inglese). Si tratta di una cessione di sovranità nel controllo del territorio nazionale come ha lasciato intendere, preoccupato, il Ministero degli Interni a Roma? Sì, ma è inevitabile e anche giusto. Non si può chiedere l’aiuto dei partner europei senza accettare che questi verifichino in un modo o nell’altro il modo in cui l’operazione che presuppone il sostegno viene portata a termine. L’establishment italiano non può chiedere, con espressioni retoriche e lamentose, che l’Italia non venga “lasciata sola”, e poi rumoreggiare se l’aiuto comporta condizioni. Nello stesso modo in cui la Germania chiede una cessione di sovranità prima di accettare una mutualizzazione dei debiti pubblici, la Commissione europea chiede oggi una cessione di sovranità all’Italia e alla Grecia in cambio dell’aiuto degli altri paesi europei nel gestire i flussi di immigrazione in arrivo dalle aree di crisi in Africa o nel Medio Oriente. In questo senso, la proposta è doppiamente significativa. Da un lato, potrebbe gettare le basi per ulteriori cessioni di sovranità in altri campi, soprattutto se l’Italia e la Grecia si dimostrassero all’altezza dei loro compiti. In questo senso, la prova non è banale. Dall’altro, la scelta avviene (ammesso che venga approvata dai Ventotto) in un contesto nel quale i protezionismi nazionali sono particolarmente accesi. Il destino ha fatto sì che in questo caso ci fosse una visione condivisa sull’urgenza della situazione. L’Italia, che deve affrontare l’arrivo di migliaia di immigrati sulle sue coste, e la Germania, che è oggetto di migliaia di richieste di asilo, sono sullo stesso fronte. Entrambe hanno bisogno di un quadro europeo per meglio gestire una crisi, che lo sconquasso libico e la guerra siriana hanno drammaticamente acuito.
(Nella foto, un barcone di immigrati nel Mediterraneo)